«I pazienti chiedono ancora di Antonio». È questo Antonio De Marco, lo studente della Scuola infermieri di Lecce reo confesso del duplice omicidio di Daniele De...
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Fidanzati uccisi, la scritta alla città col sangue delle vittime. Il gip: azione da serial killer. Il malore davanti alle foto dei corpi straziati
Le ultime giornate prima del fermo: con una donna e poi alla festa. Il Dna nei contraccettivi
Un altro biglietto col piano: un'ora e mezzo per il massacro. «Buttati via coltello, abiti e zaino. Sono pentito, ho sbagliato»
«L'arresto di Antonio l'ho vissuto perché avevamo smontato tutti e due dal pomeriggio. Siamo scesi e lo hanno arrestato. Pensavamo che fosse stato arrestato per sbaglio, non immaginavamo che fosse sospettato di una cosa grave. Abbiamo anche cercato di metterci in contatto con la famiglia per avvisarli di quello che era accaduto». Poi racconta quello che ha provato quando ha appreso il motivo dell'arresto: «Stupore, tristezza. Innanzitutto stupore perché non era un ragazzo che ti potevi aspettare facesse una cosa del genere. La Scuola infermieri è un ambiente dove ci si sente protetti, dove non può mai succedere una cosa del genere perché siamo persone abituate a stare con gente che soffre. A me piace aiutare la gente e per questo ho scelto questa professione: la molla è la generosità, altrimenti è un lavoro che non si può fare. Fare l'infermiere comporta sacrifici, anche per il percorso di studi che è giustamente severo, con il senno di poi i rimproveri, le regole da rispettare ti formano».
Nel dramma che ha colpito tutti, c'è la domanda continua del perché sia successo. «Me lo sono spiegato con la solitudine afferma Stella penso che da qui sia nata la rabbia incontenibile. Sono tornata in reparto con tanta forza di volontà, cerchiamo di non pensare all'accaduto. Quando sono tornata quella notte, dopo l'arresto di Antonio, abbiamo lavorato senza parlare di quello che era successo. Non è stato facile perché ricordi i vari momenti vissuti con quella persona, comunque come tutor ti leghi perché condividi la sofferenza e la gioia, condividi il disagio, condividi tutto. È normale che si crei un rapporto, in questo caso fraterno, e lui si era legato molto a me, ma non ha mai fatto capire niente di quello che aveva fatto. Era tranquillo come sempre e ormai integrato nel gruppo. Avevo notato che era un solitario e per questo l'avevo aiutato a fare amicizia con gli altri. Era molto bravo sul lavoro, lo rimproveravo solo per il fatto che non sorrideva mai». E ora? Stella deve farsi forza per scacciare la paura che accompagna anche i suoi genitori e ogni giorno si domanda se lui cercherà di contattarla, ma questo pensiero la spaventa. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia