«Segui i soldi e troverai la mafia»: il motto di Giovanni Falcone ben illustra la strategia perseguita dalla Guardia di Finanza per prevenire e contrastare ogni forma...
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Colonnello, com'è cambiata la vostra attività durante il lockdown?
«Bloccate le verifiche nelle imprese, nel frattempo chiuse, ci siamo indirizzati in settori sensibili, dove si potevano perpetrare illegalità: produzione di mascherine spesso dotate di certificazioni sanitarie false, vendita a prezzi troppo elevati. Ci siamo concentrati sul settore sanitario, arrivando qualche giorno fa anche ad arresti per corruzione. E il settore, in prospettiva, sarà sempre più sotto la nostra lente».
Il pericolo è che i fondi in arrivo da Ue e Governo finisca nelle mani della criminalità, sempre più interessata al circuito dell'economia legale.
«Per questo, sotto la nostra la lente d'ingrandimento ci saranno opere pubbliche, provvidenze alle imprese e sanità. Faremo in modo che questi soldi siano utilizzati per le finalità per cui lo Stato si sta indebitando».
Come si può evitare che la mafia metta le mani sul tessuto sano dell'economia?
«Ci concentreremo molto sul mondo degli appalti, il cui Codice prevede procedure diverse in relazione all'importo dell'appalto. Superata una certa soglia occorre un bando pubblico e spesso, purtroppo, abbiamo riscontrato che i lavori sono affidati a imprese individuate con il criterio dei favoritismi».
Gli strumenti a disposizione sono efficaci?
«Il nostro Codice antimafia è una normativa d'avanguardia: il grimaldello che ci permette di aggredire i patrimoni di cui il titolare, spesso prestanome, non sanno dare giustificazione, senza procedimento penale. Un esempio è il sequestro del bar a Taviano, ma nel corso degli ultimi 5 mesi abbiamo svolto accertamenti patrimoniali nei confronti di 5 soggetti e sequestrato beni per 7 milioni».
Un altro dei pericoli post-covid è che la mafia offra liquidità alle piccole aziende in crisi, arrivando a diventare socio, o a rilevarle del tutto.
«Si chiama racket bianco, un pericolo concreto anche nel Salento: è un filone sul quale stiamo investigando, ma ci vuole l'impegno di tutti».
C'è ancora ritrosia da parte degli imprenditori a denunciare?
«L'attività investigativa è capillare e penetrante, ma ci vuole la collaborazione della persona usurata. Lo Stato ha tutti gli strumenti investigativi, penali e persino economici, penso al fondo antiracket, per aiutare gli imprenditori. Serve solo il coraggio di denunciare». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia