Hanno 19 e 20 anni oggi i due ragazzi che rischiano il processo perché accusati di violenza sessuale di gruppo aggravata e pedopornografia nei confronti di una ragazza che...
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Si toglie la vita a 16 anni. La famiglia presenta un esposto: «Andava sorvegliata a vista»
La ragazza, figlia di due professionisti leccesi, all’epoca stava vivendo un periodo particolarmente travagliato. Caduta in depressione, fu accolta in diverse comunità prima di essere ospitata in quella che diventerà la struttura in cui troverà la morte. Era ad Andria: qui la giovane arrivò nel giugno dello scorso anno. Stando a quanto emerso nel corso delle indagini successive a quella morte, la 16enne utilizzò una cintura, che non le era stata sottratta dai responsabili della struttura, per impiccarsi all’interno della sua stanza. Cosa ancor più grave, il tutto avvenne sotto l’occhio elettronico di una telecamera di videosorveglianza, che avrebbe dovuto rappresentare un’ulteriore garanzia a protezione della giovane, e che invece si rivelò inutile.
Per questo è aperta un’inchiesta presso il Tribunale di Trani, per capire se vi siano responsabilità da parte dei responsabili della struttura di accoglienza. Parallelamente, anche a Lecce è stato aperto un fascicolo d’indagine, su input del legale della famiglia, l’avvocato Massimo Bellini. È emerso infatti che proprio in quel periodo la ragazza fosse stata ripresa, da ubriaca, nel corso di un rapporto a tre con il fidanzato e un suo amico. E a quanto pare quel video fece poi il giro dei telefonini, finendo per aggravare le già precarie condizioni psicologiche dell’adolescente. L’inchiesta aperta dal pm Tramis, è bene ricordarlo, non stabilisce un nesso tra la diffusione del video e la morte: si tratta di due episodi distinti, che tuttavia restituiscono un quadro inequivocabile delle condizioni in cui versava la vittima. L’udienza preliminare si terrà il prossimo 22 ottobre: in quella circostanza i legali dei due imputati, gli avvocati Giuseppe Milli e Stefano De Francesco, potranno avanzarre la richiesta di accedere a riti alternativi. L’ultima parola spetterà al giudice, che dovrà decidere se mandare i due ragazzi a processo. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia