L’obelisco di Ferdinando: due secoli e tanti misteri

L’obelisco di Ferdinando: due secoli e tanti misteri
In giornate calde di metà luglio, più o meno come queste, ma di duecento anni fa esatti, in un crocevia portante appena fuori dalle antiche mura leccesi, tagliato...

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In giornate calde di metà luglio, più o meno come queste, ma di duecento anni fa esatti, in un crocevia portante appena fuori dalle antiche mura leccesi, tagliato dai nuovi grandi viali e poi da una via che andava verso Taranto partendo da un grande arco dedicato a Carlo V, si stavano sistemando le prime pietre di un singolare protagonista della storia monumentale della città di Lecce. Era il cosiddetto “Obelisco”, oppure, come ebbe a dire qualche anno dopo Amilcare Foscarini nella sua Guida del 1929 una “aguglia in pietra leccese in onore di Ferdinando I Re delle due Sicilie, pregevole lavoro dello scultore Vito Carluccio di Muro leccese”. Che non fosse la semplice erezione di una colonna monumentale si capì presto e, ancora oggi, si cerca di decifrare tutto il materiale iconografico scolpito sulle sue quattro facce. Sono dedicate ai simboli delle terre un tempo confinanti con Terra d’Otranto, cioè Lecce, Taranto, Brindisi e Gallipoli: il delfino, l’aquila, il serpe, il Dio Pane, il leone, grappoli d’uva, Bacco, Minerva ecc.

Quegli strani furti di pietre nel cantiere

È una storia, spesso trascurata, che necessita ancora di approfondimenti e nel libro “L’obelisco di Lecce” (Società storica di Terra d’Otranto) lo studioso Andrea Tondo, appassionato di ricostruzione storica del territorio e operatore della Sezione volanti della Polizia di Stato di Lecce, ne parlò a lungo qualche anno fa. Oggi che l’Obelisco è bicentenario, Tondo ripropone il racconto, ricordando che fu amata e odiata questa altissima stele conficcata al centro di una grande piazza (oggi rotatoria) e che “i lavori andarono avanti tra intoppi e strani furti di pietre per rallentare la costruzione”. E chiarisce alcuni fatti cominciando da una scritta mai finita: Monumentum ponendum curavere - A.R.S. MDCCCXXII, cioè innalzarono questo monumento nell’anno della salvezza recuperata 1822.

«Basterebbero – spiega il poliziotto studioso – queste due ultime righe, mai scolpite, dell’epigrafe approvata da Ferdinando I di Borbone che a malapena e in modo incompleto si riesce a leggere sul basamento della facciata rivolta verso l’Arco di Carlo V, per testimoniare quante peripezie e quanti episodi turbolenti avvennero durante la costruzione di quello che poi sarebbe diventato un punto di riferimento in città».

Un segno di riconoscenza per la costruzione della strada Lecce-Taranto

La storia narra che questa “perfetta sintesi iconografica ed epigrafica dei quattro distretti che componevano l’allora provincia di Terra d’Otranto, cioè l’erezione dell’obelisco di Lecce, fu proposta al Sovrano in segno di riconoscenza per la costruzione della strada Lecce-Taranto”. Venne costruito, continua Tondo “a metà luglio del 1822 a opera di Vito Carluccio e dei figli Martino e Achille, ai quali si aggiunse lo scalpellino Francesco Scargione”.

A settembre un convegno a Lecce

Ma, per fare luce su questioni ancora irrisolte annuncia Tondo anche che «il prossimo 29 settembre 2022 si terrà un convegno presso l’ex Convitto Palmieri di Lecce inerente il bicentennale dell’obelisco, organizzato da me e dalla Società di Storia Patria di Lecce, che vedrà l’intervento di studiosi ed esperti del settore. Sarà l’occasione anche per accendere i riflettori anche sullo stato di conservazione del manufatto e a ristabilire alcune verità storiche sulla costruzione, come l’errata attribuzione delle epigrafi a Luigi Cepolla, o ad addentrarsi, ad esempio, nei particolari delle vicende e degli strascichi finanziari per la liquidazione del saldo avvenuto oltre vent’anni dopo, una vecchia abitudine dura a morire anche ai giorni nostri».

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Quotidiano Di Puglia