Castellaneta celebra Rodolfo Valentino

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«E’ stato l’uomo più meraviglioso che io abbia mai conosciuto». Jean Acker, attrice, prima moglie di Rodolfo Valentino, sta lasciando, ed è...

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«E’ stato l’uomo più meraviglioso che io abbia mai conosciuto». Jean Acker, attrice, prima moglie di Rodolfo Valentino, sta lasciando, ed è novant’anni fa di questi giorni, la Frank E.Campbell Broadway funeral chapel di New York. Ci sono migliaia e migliaia di persone che, fuori, bloccano le strade intorno alla cappella. E piove. Pioverà anche il giorno dopo, quello del funerale, perché dicono tutti, «il cielo piange per Rudy». Se ne va una stella del cinema solo per entrare nella leggenda.

Castellaneta, che ha il privilegio di essere la terra dove Valentino è nato il 6 maggio 1895, ha l’ingombrante onore di ricordare la data della sua scomparsa. Ingombrante perché davvero non è facile trovare qualcosa che non sia stato già detto su questo attore o fatto in suo onore. E quindi la città di Valentino ha pensato bene di onorarlo nell’unico modo possibile per un attore di cinema: proiettando i suoi film. E questo lo farà domani sera, in coincidenza con l’anniversario della scomparsa del divo, avvenuta il 23 agosto 1926, scegliendo di far scorrere sul grande schermo (alle 22, a Castellaneta Marina, nella piazza antistante la parrocchia Stella Maris) “Lo sceicco”, “Sangue e arena” e “Aquila nera”.

Ma ancora prima, da ieri sera, nel Museo Valentino collocato nell’ex convento di Santa Chiara, è aperta al pubblico la mostra “Rodolfo Valentino: la seduzione del mito”. L’intera iniziativa riunisce nell’organizzazione l’assessorato alla Cultura del Comune di Castellaneta, la Fondazione Rodolfo Valentino e il Museo nazionale del Cinema di Torino; con il patrocinio di Regione Puglia, Apulia Film Commission e Puglia Promozione.
In quel lontano agosto del 1926 Rodolfo Valentino arriva all’appuntamento estremo dopo una dozzina di giorni di sofferenze fisiche: si era sentito male alla vigilia di Ferragosto ma le avvisaglie, quel dolore lancinante, si erano avute già un mese prima, a luglio, alla vigilia della sfida lanciata alla “Chicago Tribune” che aveva parlato di lui, il simbolo della bellezza maschile, come di un “piumino di cipria rosa”. Valentino, pronto a suonargliele di santa ragione, non era riuscito a scovare “l’anonimo articolista” («è evidente che non si può indurre un codardo a battersi... l’eroico silenzio non lascia dubbi riguardo alla sua totale assenza di virilità», aveva scritto il divo in una nota diramata a tutti i giornali meno che alla “Tribune”) ed invece si misurava in un incontro pugilistico con il giornalista sportivo del “New York Evening Journal”, tale Frank “Buck” O’Neil, che aveva messo in dubbio il talento da boxeur del fin troppo bello Rudy. L’incontro avviene e manda al tappeto O’Neil: giustizia è fatta.

Tutto questo inutile ed evitabile, bailamme, e le ricorrenti sofferenze fisiche sono in realtà il segnale di un caos che ha investito da tempo la vita dell’attore e quel caos altro non è che la spia di diverso malessere. Valentino, lui sì, è alle corde per la spinosa relazione, a questo punto ormai conclusa, con la sua seconda moglie Natacha Rambova. Nome russo ma natali americani, famiglia di mormoni dell’Utah, Winifred Shaughnessy, danzatrice coreografa lo aveva abbandonato. Un matrimonio brevissimo durato appena tre anni, con una cerimonia ripetuta due volte (la prima lo aveva inchiodato ad un processo per bigamia, non avendo ancora divorziato dalla Acker).
Rodolfo Alfonso Raffaele Pierre-Filibert, figlio di Beatrice Barbin, una benestante francese, e di Giovanni Guglielmi, castellanetano, veterinario, ha solo 31 anni ma, ormai, è come se ne avesse cento di più. E stanco della vita e gli tocca vivere.
«Mi imbarcai su una nave della Hamburg American Line il mattino del 9 dicembre 1913 e arrivai a New York il 23 dicembre», ha scritto Rudy (“Il mio diario privato”, Lindau, Torino 2004). «La città si stava preparando per il Natale questo riuscì a farmi sentire la mancanza persino di quella cittadina che mi soffocava». Castellaneta era il nome di quella cittadina. Nè gli era parsa più grande o più bella Taranto, dove era arrivato a nove anni per studiare: la prima delle tante scuole il Collegio della Sapienza, la Regia Accademia Navale, la Regia Accademia di Agricoltura che lo portano a peregrinare per l’Italia. Poi il viaggio oltreoceano, i primi lavori, ballerino di tango, comparsa negli studios, attore, divo.

«Dieci anni fa sono giunto in America povero privo di amici sconosciuto e senza un soldo. Non avevo idea di che cosa avrei fatto. Non immaginavo cosa sarebbe stato di me non mi venne incontro nessuno quando scesi sul molo nessuno sapeva che sarei arrivato e se anche qualcuno l’avesse saputo non avrebbe fatto la benché minima differenza...».
Ed ancora: «Non tornerò mai a casa dissi a me stesso finché non diventerò qualcuno». Vi fa ritorno invece nel 1923, con Natacha. Frequenta da tempo il bel mondo internazionale e questa Italia, che attraversa in auto, ormai gli sembra piccola. Annota: «Quando si viaggia, non bisognerebbe mai lasciare a casa il proprio senso dell’umorismo». Ma importante, per lui, adesso, è ritrovare le care memorie, descritte nel diario, cantate nei tanti versi delle poesie che ama scrivere. Per qualche ora è di nuovo Rodolfo; nell’anticamera della felicità.

Nella bella mostra che Castellaneta gli dedica e che resterà aperta fino al 31 dicembre (orario di visita: dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 19.30) tanti documenti e foto ed il materiale del fondo David Robinson, che include la dotazione della Valentino Association fondata a Londra negli anni Venti.

Sempre per questa iniziativa, stasera alle 20 nel Museo la giornalista e scrittrice Emilia Costantini, lo storico Antonio Miredi e l’autore Antonio Ludovico presentano il libro “Rodolfo Valentino Quasi un’autobiografia 2, dagli anni oscuri alla nascita di una stella 1914-1922”, edito dalla Fondazione che porta il nome del grande attore. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia