Minacciò di morte la giudice Mariano, accordo sul patteggiamento: 8 mesi di reclusione. Ma la parola ora passa al gup

Minacciò di morte la giudice Mariano, accordo sul patteggiamento: 8 mesi di reclusione. Ma la parola ora passa al gup
Dopo aver minacciato la gip del Tribunale di Lecce Maria Francesca Mariano, il 42enne Pancrazio Carrino (di San Pancrazio Salentino) ha chiesto di patteggiare la pena: otto mesi...

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Dopo aver minacciato la gip del Tribunale di Lecce Maria Francesca Mariano, il 42enne Pancrazio Carrino (di San Pancrazio Salentino) ha chiesto di patteggiare la pena: otto mesi di reclusione da sostituire con lavori di pubblica utilità. È i frutto dell'accordo raggiunto tra l'avvocata Valentina Aragona del Foro di Roma, che difende Carrino, e la sostituta procuratrice Emiliana Busto della Procura di Potenza. Il concordato dovrà però ora essere valutato e dunque accolto o respinto dal gup.

Le accuse


Carrino è anche accusato di aver minacciato di morte la pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce Carmen Ruggiero: dopo essere stato arrestato con altri 20 indagati il 19 luglio 2023 nell'ambito del blitz "The Wolf" - eseguito dai carabinieri per sgominare il clan Lamnedola-Cantanna egemone nel traffico di droga nel Brindisino - finse di pentirsi per avere l'opportunità d'incontrarla faccia a faccia e sgozzarla.
Il 31 luglio, il suo intento omicida fu stoppato dal pronto intervento del tenente dei carabinieri Alberto Bruno - soprannominato "The Wolf" ai tempi del Ros - che trovò in suo possesso un coltello artigianale in ceramica (l'aveva nascosto nel retto).
Il caso della gip Mariano, invece, risale allo scorso agosto. Carrino consegnò nelle mani di un agente della polizia penitenziaria un punteruolo e un foglietto scritto di suo pugno da recapitare alla giudice, colpevole di aver disposto nei suoi confronti la custodia cautelare in carcere.


Carrino non minacciò soltanto Mariano, ma anche cinque agenti della penitenziaria: il 30 agosto, non voleva rientrare in cella dopo l'ora d'aria. Nel cortile del penitenziario di Lecce, brandì un oggetto contundente col chiaro intento - secondo l'accusa - di costringerli "a omettere atti inerenti il loro ufficio" e cioè obbligarlo a tornare dietro le sbarre.
Del giorno successivo, 31 agosto, il pizzino e il punteruolo destinati a Mariano. Quest'ultima, a inizio febbraio di quest'anno, ha trovato nei pressi della porta di casa sua una testa di capretto mozzata (anche su quest'episodio indaga la Procura di Potenza).


Carrino è ritenuto uomo di fiducia del presunto boss Scu Gianluca Lamendola, cui per gli inquirenti "dava il suo contributo nel traffico di sostanze stupefacenti, faceva da intermediario nei rapporti tra Lamendola e il gruppo operante su Fasano, contribuiva al consolidamento del controllo del clan partecipando a spedizioni punitive". Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia