«Sì, ho finto di voler collaborare per uccidere la pm». Le dichiarazioni spontanee di Pancrazio Carrino

«Sì, ho finto di voler collaborare per uccidere la pm». Le dichiarazioni spontanee di Pancrazio Carrino
Ha fatto dichiarazioni spontanee in videoconferenza dal carcere di Terni per ribadire di avere chiesto l'interrogatorio con il pubblico ministero antimafia Carmen Ruggiero al...

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Ha fatto dichiarazioni spontanee in videoconferenza dal carcere di Terni per ribadire di avere chiesto l'interrogatorio con il pubblico ministero antimafia Carmen Ruggiero al solo scopo di portare a termine il progetto di ammazzarla. L'andamento ordinario dell'udienza preliminare di ieri dell'operazione Wolf nell'aula bunker della Corte d'Appello di Lecce, è mutato bruscamente con l'intervento dell'imputato Pancrazio Carrino, 41 anni, di San Pancrazio Salentino. L'uomo che, per sua stessa ammissione, ha avuto comportamenti minacciosi verso le due magistrate del blitz di luglio dell'anno scorso dei carabinieri di San Vito dei Normanni contro il presunto clan mafioso Lamendola-Cantanna: la pm Ruggiero, titolare dell'inchiesta. E la giudice per le indagini preliminari, Maria Francesca Mariano, firmataria dell'ordinanza di custodia cautelare.


Entrambe finite sotto scorta, per la gip Mariano la tutela della sua incolumità ha subito un ulteriore giro di vite dopo la testa mozzata di un capretto, trafitta da una lama e il biglietto con la scritta "così" recapitata davanti la sua casa di Lecce nella notte fra l'1 ed il 2 febbraio.

L'udiena

Carrino in altre parole ha ribadito nell'udienza presieduta dal giudice Alcide Maritati ciò che aveva fatto mettere nero su bianco nel verbale del 23 ottobre dell'anno scorso nel carcere di Terni alla presenza del pubblico ministero della città umbra, Raffaele Pesiri: prima ha respinto l'accusa di avere drogato e violentato la sua fidanzata. La contestazione - raccontò in quel verbale - che gli avrebbe insinuato come un chiodo fisso la sete di vendetta verso gli esponenti del comparto giustizia. La mattina staccò un pezzo di ceramica dal water della sua cella di isolamento, lo avvolse in una plastica e se lo infilò nel retto per eludere la perquisizione della polizia penitenziaria del carcere di Lecce, ha raccontato Carrino in quel verbale. Era la mattina del 3 agosto, sotto accusa per partecipazione all'associazione mafiosa, quella richiesta di interrogatorio aveva messo in conto anche la possibilità di una richiesta di collaborare con la giustizia. Carrino tuttavia ha ribadito ieri nella prima udienza davanti al gup, che avrebbe pianificato tutto per tagliare la gola alla pm Ruggiero.
Il piano fallì perché la richiesta di interrompere l'interrogatorio per andare in bagno non passò inosservata ma insospettì la pm, la polizia penitenziaria ed il tenente dei carabinieri presente in quella circostanza. Fu quest'ultimo ad attendere Carrino prima del rientro nella sala interrogatori ed a notare che avesse un pezzo di coccio in mano. Quell'arma impropria volatilizzatasi nel carcere di Borgo San Nicola di Lecce, ma agli atti della relazione di servizio dell'ufficiale dell'Arma.
«Ero seduto davanti al pm (Carmen Ruggiero, ndr) e tenevo sotto controllo il tenente di San Vito dei Normanni per capire se mi trovavo ad una distanza sufficiente per potere agire contro il pm tagliandogli la giugulare senza essere bloccato. Se quel giorno fossi stato lucido come lo sono adesso, Carmen Ruggiero sarebbe già storia», le parole riferito durante l'interrogatorio nel carcere di Terni.
In seguito furono inviate lettere di minaccia alla pm Ruggiero e nella cella di Carrino vennero trovati alcuni coltelli. Un paio di mesi dopo una lettera dello stesso tenore fu recapitata alla giudice Mariano.


Da questi comportamenti ha preso le distanze il presunto capo del clan, Gianluca Lamendola, nelle dichiarazioni spontanee dell'interrogatorio di garanzia del 22 novembre dell'anno scorso seguito all'arresto che mise fine a quattro mesi di latitanza. Carrino mantiene la stessa.

 

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Quotidiano Di Puglia