Non si sa se nella vita contino o meno le apparenze. Nel giornalismo, evidentemente, no. Evidentemente, ma solo per chi ha conosciuto bene Giuseppe Perrucci, da anni collaboratore...
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D’accordo, forse era quell’aria da pacioccone il suo passepartout, ma la magia di Perrucci stava proprio nel passare con facilità dalla vena artistica al rigore più inaspettato. Quando scriveva era così: lo leggevi e ci trovavi la sua preparazione, la sua serietà nelle cronache delle campagne elettorali del suo territorio, e quando c’erano storie più delicate da seguire, perché no?, anche la sua sensibilità. Era sorprendente, Giuseppe, in questo: a Torre, così come nella vicina Erchie, conosceva tutti, e tutti conoscevano lui, e per ogni notizia da approfondire con il diretto interessato c’era sempre un “compare” da chiamare. I compaesani gli riconoscevano la professionalità del giornalista, però lui era comunque “uno di loro”, mescolandosi perfettamente tra la folla torrese e senza contribuire ad erigere quel muro di diffidenza che spesso i giornalisti devono superare. Di rado aveva un taccuino, Giuseppe, forse per questo i suoi interlocutori si sentivano a loro agio. E senza volerlo, anzi senza saperlo, dimostrava ai colleghi che questo mestiere si può fare senza rischiare di passare per snob, senza salire su piedistalli di sabbia, senza per forza prendersi troppo sul serio. Ma lavorando seriamente, questo sì. «Arrivato il pezzo?», si affrettava a chiedere al telefono nel tardo pomeriggio, ansioso di sapere se potesse considerare chiusa la sua pratica giornalistica quotidiana e mettersi in auto per un’altra esibizione, un altro applauso. Lui che - per un beffardo destino se ne va nei giorni contagiati da un coronavirus che ha bloccato tutto, non solo il nostro cuore ieri mattina - non potrà ricevere nemmeno un ultimo applauso a un funerale. Come nella sorte dei più teneri saltimbanchi, utilizzando una definizione che anche lui avrebbe difeso con fierezza, tocca raccogliere gli strumenti e chiudere il concerto, il Concertino, in silenzio. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia