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Ci sarà da aspettare il 2022 per sapere quale territorio beneficerà dell’investimento che Intel intende realizzare in Europa e per il quale le istituzioni di Brindisi hanno mostrato più volte il loro interesse. Secondo quanto riportato negli ultimi giorni, infatti, l’azienda di microchip starebbe vagliando le opzioni proposte dai diversi Stati.
L'ipotesi Brindisi
In ogni caso al di là della scelta che si farà a livello italiano, come detto, ci sarà da vincere la concorrenza delle altre nazioni europee, per le quali (come per il caso delle diverse realtà del nostro Paese) l’investimento farebbe particolarmente gola. Di questo argomento si parla nel dibattito pubblico brindisino già da qualche settimana, quando in seguito alla rivelazione delle intenzioni di Intel ci fu una levata di scudi da parte delle diverse istituzioni locali perché consideravano la città, e soprattutto la sua area industriale, come una di quelle che potrebbe essere maggiormente indicata per ospitare le nuove attività del colosso informatico. Il progetto promosso dall’azienda, in particolare, era descritto come «due moduli, per un investimento da 20 miliardi di dollari, circa 5mila addetti impiegati per la costruzione e circa 3mila a regime (di cui gran parte di elevato livello di specializzazione) escluso l’indotto».
I criteri richiesti
Le dimensioni richieste, tra i 400 ed i 600 ettari, privilegiando le aree che, geograficamente, presentino caratteristiche specifiche, come quella di essere in pianura, in una zona senza particolare impatto sismico e ben collegata dal punto di vista infrastrutturale (ferrovie, porto, aeroporto, strade). Una descrizione che per le istituzioni locali ha fatto pensare subito all’area industriale di Brindisi, ferme restando alcune criticità come quella delle bonifiche (visto che ricade all’interno dell’area del Sito di interesse nazionale); a cui si potrebbero aggiungere anche altre soluzioni da destinare per l’investimento, attraverso un’apposita variante urbanistica. Più in generale, il tema dell’attrazione di nuovi investimenti per il territorio si è fatto maggiormente pressante dopo l’avvio del processo di decarbonizzazione e delle ricadute occupazionali che porterebbe con sé il phase out dai combustibili fossili, avendo questi ultimi rappresentato uno degli elementi principali della vocazione industriale del territorio.
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