Brindisi, coltellata alla gola del cognato: condannato

Il collegio giudicante della sezione penale del Tribunale di Brindisi
Quella coltellata che avrebbe sferrato alla gola del cognato la sera del 24 ottobre dell’anno scorso è costata una condanna a 7 anni e 9 mesi di reclusione a F.T., 46...

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Quella coltellata che avrebbe sferrato alla gola del cognato la sera del 24 ottobre dell’anno scorso è costata una condanna a 7 anni e 9 mesi di reclusione a F.T., 46 anni, di Brindisi (pubblichiamo le sole iniziali per tutelare la nipote minorenne coinvolta in questa vicenda). I giudici della sezione unica penale del Tribunale di Brindisi (presidente Maurizio Rubino, a latere Luca Scuzzarella ed Ambrogio Colombo) lo hanno ritenuto responsabile dell’accusa di tentato omicidio per la reazione che avrebbe manifestato dopo avere appreso dalla figlia 15enne che lo zio avrebbe voluto picchiarla nel corso del litigio sull’opportunità di consentirle di andare in discoteca il sabato sera

La richiesta della Procura

Otto anni di reclusione sono stati chiesti dal pubblico ministero Pierpaolo Montinaro al termine della requisitoria in cui ha escluso che la coltellata fosse stata inferta involontariamente, scivolando per le scale della sua casa del Villaggio dei Pescatori (rione Casale), come aveva ha sostenuto l’imputato. La derubricazione in lesioni è stata invocata dall’avvocato difensore Ladislao Massari che ha rimarcato l’inattendibilità delle testimonianze poiché - ha sostenuto questo nell’arringa - voce dei parenti interessati tutti, dall’una e dall’altra parte, a ricomporre quel litigio sfociato nel sangue. Anche perché intanto imputato e vittima sono tornati a vivere sotto lo stesso tetto. Il legale ha fatto poi notare come le analisi del sangue indicarono che il ferito avesse assunto cocaina e avesse bevuto alcolici in abbondanza visto che il tasso risultò di 1,65 grammi di alcol per litro di sangue. Per dire che non fosse in se’, come dimostrato i dati della cartella clinica.

Le aggravanti

Il dispositivo della sentenza ha abbracciato l’orientamento dell’accusa: è stata esclusa l’aggravante dei motivi futili poiché - ha sostenuto il pubblico ministero - F.T. era comunque turbato dalla prospettiva che la figlia potesse essere picchiata. Confermata invece l’aggravante di avere tirato la coltellata in presenza di un minore, poiché la ragazza si trovava sulla stessa scala dove si incrociarono zio e padre. E peraltro la ragazza avrebbe cercato anche di fermare il genitore quando lo vide afferrare dal tavolo della cucina un coltello con una lama di 15 centimetri, usato come accessorio della pesca. Nel computo della pena è stata inoltre contemplata anche la recidiva. F.T. è stato infine dichiarato interdetto dagli uffici pubblici per la durata della pena ed in stato di interdizione legale, con esclusione della responsabilità genitoriale.

«Senza i rapidi soccorsi sarebbe morto»

Un mese il termine indicato per depositare le motivazioni della sentenza che ricostruirà quello che il pubblico ministero ha definito un atto senza alcun dubbio finalizzato a mettere fine alla vita della vittima. Lo hanno dimostrato - ha fatto presente il magistrato - i referti medici nell’indicare il valore drammatico dei valori dell’uomo giunto quella sera nel Pronto soccorso dell’ospedale Antonio Perrino. E per la presenza in sala operatoria dell’anestesista: «Se i soccorsi non fossero intervenuti in tempo quella persona sarebbe morta», le parole del pm. «Perché si afferra un coltello quando tua figlia giunge a casa in lacrime?»


La discussione che ebbe come trascico quella coltellata era iniziata in casa di parenti fra la figlia dell’imputato e lo zio. Lo zio che aveva un forte ascendente sulla nipote.

 

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Quotidiano Di Puglia