Si sarebbero dedicati alle estorsioni nei confronti degli imprenditori agricoli, nel settore della produzione del grano, al fine di calmierare i prezzi, alla gestione...
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Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce ed eseguite dalla polizia, al vertice del gruppo ci sarebbero stati due boss della Sacra corona unita, esponenti della vecchia guardia: Francesco Campana, boss storico legato alla frangia dei tuturanesi, tuttora detenuto in regime di 41bis a Opera, e Giovanni Donatiello, mesagnese, in passato ritenuto il braccio destro del fondatore della Scu Pino Rogoli, tornato in libertà nel 2018 dopo aver scontato un ergastolo commutato in trent'anni di carcere per mafia e quale mandante di alcuni omicidi. Una volta scarcerato, avrebbe mantenuto un ruolo di leadership, approfittando di una maggiore libertà di movimento rispetto a Campana. Vi sarebbe stato un preciso ordine gerarchico e compiti ben delineati.
Attraverso una rete di referenti sul territorio, e in alcuni casi con il supporto delle donne dei clan, tra cui anche di Lucia Monteforte, moglie di Campana, sottoposta all'obbligo di firma per aver “occasionalmente” veicolato informazioni all'interno del carcere, la cellula Scu avrebbe mantenuto il controllo sulle attività illecite, principalmente nella città di Brindisi, ma anche nei paesi limitrofi. Nell'elenco degli episodi su cui si sono concentrate le indagini, c'è anche un attentato dinamitardo a un bar e un pestaggio avvenuto di giorno in pieno centro. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia