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Sono tutti tra i 35 e i 45 anni, con una famiglia, e molti di loro hanno ancora un mutuo sulle spalle. Sono i lavoratori della Bosch di Bari che, ieri mattina, si sono dati appuntamento davanti ai cancelli dell’azienda per urlare ai vertici aziendali, alla politica, e a tutta la popolazione le loro preoccupazioni sul futuro dello stabilimento.
La manifestazione di protesta
Non si tratta, infatti, solo dei 700 esuberi annunciati dall’azienda nell’ultimo incontro tenutosi lo scorso 27 gennaio, ma del futuro dello stabilimento. Al momento, infatti, non c’è un piano aziendale che permetta la transizione all’elettrico, in considerazione della data comunicata dall’Europa e dal Governo italiano, come limite ultimo per la produzione dei motori diesel e benzina, ovvero il 2035. «Lavoro in Bosch dal 1996 – racconta Mario Daniello, dipendente Bosch e Rsu UglM - dentro quei cancelli c’è tutta la nostra vita, costruita fino ad oggi, ed è improponibile questa situazione. Abbiamo inventato il Common Rail e industrializzato Bari, non è corretto non avere un futuro, dato anche quanto abbiamo acquisito a livello di competenze. Teniamo a questo stabilimento ed è fondamentale che le famiglie mantengano il salario. La Bosch di Bari rischia di diventare un problema sociale. Il green va bene a tutti, anche a noi, ma ci devono dare la possibilità di evolverci verso il green».
Compatti i lavoratori e i sindacati, e massiccia la partecipazione allo sciopero.
Il senso di preoccupazione nelle parole dei dipendenti
La preoccupazione è tanta e sicuramente la manifestazione di ieri non sarà né la prima, né l’ultima, soprattutto se l’azienda non dovesse dare risposte. «C’è una grossa preoccupazione negli occhi di tutti i lavoratori – aggiunge un altro lavoratore presente alla manifestazione, Raffaele Barile – Sono un dipendente della Bosch dal 1998, ed essere qui oggi (ieri, ndr) era il minimo che potessimo fare, per manifestare questa grande preoccupazione. Questa manifestazione sarà la prima di una lunga serie, se non dovessimo avere delle risposte concrete e più sicure sul nostro futuro». «Abbiamo chiesto aiuto alle parti sociali – aggiunge Daniello - perché le aziende vanno accompagnate a localizzarsi e a rimanere sul territorio, non vanno abbandonate a sé stesse. Noi siamo uno dei poli più grandi di Bosch, sia in Puglia che in Italia, e lasciare 700 persone a casa sarebbe un obbrobrio nei confronti della specializzazione che abbiamo, non solo per la forza lavoro, ma anche per l’impegno che ci abbiamo messo fino ad oggi». Il prossimo passo dovrebbe essere un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico, con il ministro Giorgetti, ma al momento non è ancora stata comunicata una data ufficiale.
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«È inaccettabile che Bosch investa cinque miliardi di euro nel mondo in elettromobilità – sottolinea Donato Pascazio di Fim Cisl - mentre qui a Bari non si capisce che tipo di identità debba dare allo stabilimento». «Vogliamo mandare un messaggio alle istituzioni – aggiunge Ciro D’Alessio, Fiom Cgil – devono vigilare su quanto sta facendo Bosch. Inoltre, chiediamo loro di mettere a disposizione risorse per mantenere i lavoratori durante la fase di transizione, con ammortizzatori sociali ad hoc, ma anche formazione, per dare la possibilità ai dipendenti di essere aggiornati sulle nuove tecnologie». «Stiamo pagando il prezzo della transizione all’elettrico – conclude Riccardo Falcetta, segretario di Uilm Bari - e il fatto che il Governo non si si ancora espresso su come utilizzare le risorse del Pnrr. I dipendenti sono disponibili al cambiamento, ma prima di iniziare ad impostare una strategia l’azienda deve esprimersi e dirci che futuro immagina per Bari».
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