Alla luce del sole. La polpa del ragionamento di Matteo Renzi è tutta qui: l’emendamento che ha “piallato” la strada al giacimento Tempa Rossa in...
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Sul caso Tempa Rossa Renzi non accenna il dribbling in bello stile, ma carica a testa bassa accollandosi responsabilità politiche.
Ma Renzi non ci sta, perché l’unica pietra d’inciampo è la «telefonata inopportuna» di Guidi al suo compagno Gianluca Gemelli, ora indagato e all’epoca coinvolto imprenditorialmente nell’affaire Total-Tempa Rossa. «Ci dicono - spiega il premier - che siamo quelli delle lobby quando noi abbiamo fatto la legge sui reati ambientali, l’Anac di Cantone, le pene per il voto di scambio. Dire che noi siamo quelli delle lobby a me fa, tecnicamente parlando, schiattare dalle risate». E ancora: «Non è l’emendamento in sé il problema, ma se qualcuno commette atti illeciti. Se ci sono opere, non vanno bloccate le opere, se qualcuno ruba va bloccato il ladro. Rivendico con orgoglio di aver sbloccato, in modo corretto e impeccabile, un progetto che era fermo dal 1989. Se poi qualcuno ha commesso illeciti ne risponderà. Ma noi siamo convinti di ciò che stiamo facendo e non ci fermeremo davanti a chi dice sempre e solo no. E per adesso, dopo 27 anni, da Tempa Rossa non è stato tirato fuori un goccio di petrolio perché le autorizzazioni sono state rinviate come spesso succede in Italia». E s’offre, «anche subito», d’essere ascoltato dai pm, il premier. Che aggiunge: «C’è un’indagine da mesi? E noi non lo sapevamo. C’è la separazione dei poteri. Una cosa è l’indagine giudiziaria che io non devo sapere, perché non devo essere messo a conoscenza delle indagini. E dico ai pm: lavorate». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia