Una intera famiglia condannata per la morte di Marco Vannini, ucciso il 17 maggio del 2015 a Ladispoli mentre si trovava a casa della fidanzata. Il giovane di 21 anni venne...
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Marco Vannini, morto in casa della fidanzata: il pm chiede condanne per tutta la famiglia
Una condanna per omicidio volontario a 14 anni per Antonio Ciontoli, tre condanne a tre anni per omicidio colposo per la moglie Maria Pezzillo e per i figli Martina (fidanzata della vittiima) e Federico, accusati in sostanza di aver ritardato i soccorsi, e una assoluzione per la fidanzata di Federico, Viola Giorgini. Questa nel dettaglio la decisione presa dai giudici della I corte d'Assise di Roma. Troppo poco per i parenti della vittima che inscenano una protesta in aula tanto da richiedere 'intervento dei carabinieri. «Vergogna - ha urlato la madre di Vannini, Marina Conte- non posso più credere nella giustizia: riconsegnerò la mia scheda elettorale perché mi vergogno di essere una cittadina italiana».
Urla e proteste anche da altri parenti all'indirizzo della corte rea di essere stata troppo morbida «con chi ha ucciso Marco e con chi non lo ha soccorso».
Da quanto emerso nel processo, la morte di Vannini è stata causata da un micidiale mix di imprudenza e incoscienza. L'imprudenza legata all'utilizzo di una arma, regolarmente detenuta, in una sorta di «folle gioco» e la colpevole incoscienza di non avere avvisato subito i soccorsi che, ha dimostrato una perizia, se fossero intervenuti subito avrebbero potuto salvare la vita del 21enne.
Durante il processo Ciontoli, per il quale il pm aveva sollecitato una condanna a 21 anni, ha raccontato che quella sera di maggio di tre anni fa Vannini era nella vasca bagno quando lui era entrato per prendere due pistole che il ragazzo aveva chiesto di mostrargli, ma era scivolato facendo partire un colpo e ferendolo. «Mi vergogno di quello che ho fatto - ha raccontato ai giudici -. Ho fatto una grossa stupidata, ero preoccupato per tutto anche per il mio lavoro. Ho rovinato la vita a tante persone, alla famiglia di Marco e alla mia».
Secondo la procura di Civitavecchia tutti i presenti in casa quella sera avrebbero contribuito a ritardare i soccorsi. Se l'allarme al 118 fosse stato lanciato in modo corretto e tempestivo, Vannini sarebbe stato trasportato entro 40 minuti dal fatto presso un pronto soccorso di secondo livello e avrebbe avuto grandi possibilità di essere salvato. Secondo i consulenti della Procura, invece, le varie telefonate fatte al numero di emergenza, durante le quali non venne detto agli operatori cosa realmente era accaduto, hanno fatto accumulare un ritardo di circa un'ora e mezza che è poi risultato fatale. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia