Nonostante tutto, ti ho creduto. Ho creduto ad ogni singola parola che sapeva di finzione. Ho creduto che fossi io quella sbagliata. Quella che chiedeva troppe attenzioni. Quella...
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Ogni parola detta, velata o non era sempre volta a minare la mia autostima. Un gioco sottile, spietato, che solo chi ha un cuore oscuro può fare. Non ero mai abbastanza. Non andavo bene, dovevo migliorare. Dovevo diventare quello che tu volevi. Ho cercato di adattarmi, nonostante il mio istinto mi gridasse a chiare lettere che dovevo fermarmi. Che stavo male, che qualcosa proprio non mi rendeva felice. Ma dovevo dimostrarti di meritarmi il tuo amore. Che quello che pensavi di me non era vero. E così mi son plasmata per diventare la donna giusta. Perché, dopo tutti questi anni di “prendi e lascia”, finalmente stavo con te. Mentre cercavo di essere “altro da me” per coronare un sogno irrazionale e senza senso, ogni giorno che passava perdevo piccole parti di me stessa. E non riuscivo a capire perché quando ti parlavo delle mie emozioni, le tue reazioni fossero aggressive e fredde. Sminuivi e criticavi ogni mio pensiero, ogni mia richiesta di attenzioni. “Tu sei cretina se dici queste cose. Ti rendi conto di quanto sei deficiente? Io con le persone cretine neanche ci discuto”. Mi guardavo allo specchio e non capivo se fossi io quella che esagerava o se qualcosa non tornasse.
Quante volte abbiamo discusso e sono tornata da te pur avendo perfettamente ragione? Quante volte ho chiesto scusa quando non avevo fatto nulla? Chiedevo solo di sentirmi amata. Chiedevo solo qualche piccola attenzione. Mentre il tuo ego si nutriva della mia allegria e spensieratezza, perdevo brandelli di me. Io sono fatta male, la colpa è mia. Quante volte questo pensiero ha attraversato la mia mente?. Quante volte ho creduto che se fossi stata “diversa”, la nostra storia avrebbe dispiegato le vele? Ti ho creduto anche quando era tutto chiaro. Il cappello della tua ex in camera da pranzo, gli elastici, il netflix che paga ancora lei. “ l’ho tirato fuori dall’armadio per non sciuparlo”, mi hai detto candidamente, come se non avesse alcuna importanza. Nel frattempo, il mio cuore più che sciupato, era ridotto a brandelli. I tuoi silenzi durante la giornata, le tue troppe ambiguità. Il tuo esserci e non esserci. Erano tutti segnali chiari che purtroppo “sentivo” ma non vedevo. Sentivo perfettamente che era già pronta la nuova sostituta. Ed io stavo diventando “quella di troppo”. Alla fine, ho ceduto alla provocazione. C’erano troppi segnali chiari. E tu hai colto la palla al balzo per umiliarmi e lasciarmi, dicendomi con disprezzo quanto io fossi una donna insicura, senza coraggio, che non valesse nulla. Che non si meritava di avere accanto un uomo come te. “Chiamami quando avrai un discorso logico da farmi non queste cazzate che mi stai dicendo oggi. E vedremo se io potrò risponderti”. In dieci minuti di telefonata mi hai annientata come solo un narcisista sa fare. Mi sono chiesta che cosa avessi fatto per meritarmi un addio così devastante, visto che la mia unica pecca era che non mi sentissi amata. Avevi già deciso tutto perché in panchina, c’era già l’altra. Hai scaricato su di me tutte le tue colpe. La manipolazione in questi casi è automatica. Più offendi e distruggi l’altra persona più sai che avrai potere. Più la umili e più avrai il controllo. E quando ti stufi, hai già tra le mani una nuova preda. Ti credevo. Ma non ti credo più. Il velo davanti ai miei occhi è caduto.
Ora so chi sei veramente.
Cara donna che si era innamorata di un narcisista,
c’è voluto tanto dolore e forse tempo, ma ce l’hai fatta infine. A vedere i lividi, le ferite, i graffi. Nessuno poteva vederli se non tu. Lui ti picchiava senza alzare le mani, ti riempiva di botte senza bisogno di avvicinarsi a te. Alla fine sei riuscita a dare un nome a tutto quello che hai patito amando un narcisista: violenza. Quella che è difficile da capire perché è subdola, perché ti fa sentire colpevole anche se sei vittima. Violenza psicologica, ecco come si chiama. E tu la racconti con una testimonianza potente, mostri le ferite senza vergogna perché tutte possano vedere e dare un nome. Grazie, a nome di chi forse - con le tue parole - potrà capire tutto questo. Sbagliata non sei tu, come il narcisista ti voleva far sentire. Sbagliata è la relazione con chi ti convince che sei sbagliata, con chi ha bisogno di sentirsi più forte per non vedere la sua, di debolezza. Essere umiliate, criticate, colpevolizzate: questa è violenza. Essere manipolate e sottomesse: anche questa è violenza. Campanelli d'allarme, gli esperti li chiamano così, segnali che dovrebbero mettere in fuga tutte quante. Prima che quei lividi dapprima invisibili agli altri diventino blu e si vedano e facciano male sulla pelle. Prima che la violenza delle parole diventi qualcos'altro. Adesso c’è la rabbia, la frustrazione per l’altra, i lividi che solo tu vedi. Ricomincia da questa lettera, dalla forza delle tue parole, dal coraggio del tuo racconto, dalla tua sincerità. Dal tuo sentirti finalmente «abbastanza».
Raccontate la vostra storia a mindthegap@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia