Inchiesta su Tempa Rossa Boschi dai pm: «Mai subito pressioni»

Inchiesta su Tempa Rossa Boschi dai pm: «Mai subito pressioni»
«Un atto necessario», lo ha definito così il procuratore capo di Potenza, Luigi Gay. Ieri, a sorpresa, si è svolto l’interrogatorio, come persona...

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«Un atto necessario», lo ha definito così il procuratore capo di Potenza, Luigi Gay. Ieri, a sorpresa, si è svolto l’interrogatorio, come persona informata dei fatti, del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi: per circa un’ora e mezza, ha risposto alle domande dei magistrati che indagano su Tempa Rossa e l’emendamento del governo Renzi che ha autorizzato il suo completamento. Gli investigatori si sono mossi ieri mattina da Potenza per raggiungere Palazzo Chigi poco dopo pranzo. Oltre al capo della Procura, erano presenti anche i pm Francesco Basentini e Laura Triassi e il sostituto della Direzione nazionale antimafia, Elisabetta Pugliese, nonché il capo della Squadra mobile di Potenza, Carlo Pagano.

Al centro dell'audizione, l'emendamento approvato in legge di stabilità che sbloccava interventi strutturali legati alle estrazioni petrolifere in Val d'Agri, nel Potentino. Boschi era stata chiamata in causa nella vicenda nel corso di una telefonata tra Federica Guidi, ex ministro allo Sviluppo economico, e il suo compagno Gianluca Gemelli: durante la conversazione l’ex esponente del governo annunciava l’imminente approvazione di un emendamento favorevole alle imprese estrattrici. Proprio a seguito della telefonata e delle polemiche politiche che ne sono seguite la Guidi nei giorni scorsi si è dimessa dall’incarico (anche lei sarà sentita dai pm). Durante l’ora e mezza di audizione, il ministro Boschi ha spiegato che era suo compito verificare e autorizzare tutti gli emendamenti del governo e non solo quello su Tempa Rossa, per questo è stata citata durante la telefonata intercettata. Ha anche aggiunto che, comunque, il governo Renzi riteneva e ritiene quel progetto strategico e importante per l’Italia. Il ministro, quindi, ha difeso l’emendamento ma ha sottolineato che nulla sapeva di presunti interessi di persone terze.
Al termine dell’interrogatorio, il procuratore Gay non ha voluto commentare le parole del premier Matteo Renzi, che durante la direzione nazionale del Pd ha detto che «le inchieste della Procura potentina non vanno a sentenza». «No comment» anche sulla possibilità che venga interrogato lo stesso presidente del Consiglio, anche se nei giorni scorsi è stata esclusa l’ipotesi.
La telefonata incriminata è del 5 novembre del 2014, dice Guidi a Gemelli: «E poi, dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se... è d'accordo anche Mariaelena (il ministro Boschi, annota la polizia) la... quell'emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte. Alle quattro di notte... Rimetterlo dentro alla legge... con l'emendamento alla legge di stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa... ehm... dall'altra parte si muove tutto». Gemelli, secondo l’accusa, era interessato a fare in modo che si sbloccasse l'operazione Tempa Rossa, gestita dalla Total, perché così le sue aziende avrebbero guadagnato circa due milioni e mezzo di euro in sub appalti.
Intanto, ieri al termine di una camera di consiglio durata circa quattro ore, il Tribunale di Potenza ha condannato, a pene comprese fra due e sette anni di reclusione, gli ex vertici della Total Italia e alcuni imprenditori e amministratori lucani. La vicenda - diversa dalle indagini attualmente in corso - si riferisce ai lavori per la costruzione del centro oli di Tempa Rossa, fra Corleto Perticara (Potenza) e Gorgoglione (Matera). Secondo gli inquirenti furono pagate mazzette per l’aggiudicazione di alcune gare. Le accuse, a vario titolo nei confronti dei 31 imputati, erano di corruzione, concussione e turbativa d’asta. Il giudice Aldo Gubitosi ha condannato, in primo grado, gli ex manager della Total Italia: tre anni e mezzo sono stati inflitti all’ex amministratore delegato Total Italia Lionel Levah e all’ex manager del gruppo Jean Paul Juguet; sette anni a Roberto Pasi e Roberto Francini, referenti locali della compagnia petrolifera francese.

Le indagini di Potenza proseguono comunque nel massimo riserbo, così come un muro di silenzio è stato alzato dai magistrati sul filone «siciliano», che vede indagato, tra gli altri, anche il capo di Stato maggiore della Marina militare, l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia