OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
«Non mi risulta una mia candidatura» e «non è tra le cose che immagino per i prossimi mesi»: lapidario, o quasi. Questione di sfumature e dettagli, da cogliere, dissezionare e interpretare. Perché in realtà il nome di Raffaele Fitto è da tempo sul taccuino di Giorgia Meloni in proiezione elezioni europee di primavera. Il ministro degli Affari europei, del Pnrr e della Coesione territoriale potrebbe essere uno dei "grossi calibri" reclutati dalla premier per il ruolo di capolista nelle cinque macro-circoscrizioni: a Fitto andrebbe, ed è facile intuirlo, il collegio Italia meridionale (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia). E ci sarebbe comunque da trottare: niente listini bloccati, ma voti di preferenza da raccattare in lungo e largo. Il tutto condito da uno scenario tenuto al momento sottocoperta, ma dalle basi solide: Fitto potrebbe poi essere indicato da Meloni come Commissario europeo, qualora i Conservatori dovessero entrare in maggioranza. Un profilo "rassicurante" anche per i potenziali alleati, a cominciare prima di tutto dal Ppe.
Gli scenari
Ipotesi, incastri, primi schemi di gioco: il tempo per decidere nomi e caselle c'è, ma il valore della sfida elettorale impone scelte ponderate e meditate. Possibilmente mettendo mano all'artiglieria pesante. Anche perché queste elezioni saranno una specie di punto di svolta per Meloni: da un lato Fratelli d'Italia ha la necessità di confermare la leadership nel centrodestra, mettendo il governo al riparo da tempeste e tenendo a distanza di sicurezza i competitor interni; e, dall'altro lato, la premier vuol sedersi definitivamente al grande tavolo delle trattative europee, accanto a Germania e Francia e con le spalle corazzate da una buona performance dei Conservatori europei.
Fitto - pungolato domenica sera a "La Piazza", la kermesse di Affaritaliani.it a Ceglie Messapica - ha svicolato provando ad alzare il muro: «Un "uccellino" parla di me candidato alle Europee? Sarebbe meglio se l'uccellino girasse in altra direzione, è una campagna elettorale faticosissima che ho fatto diverse volte.
Un ritorno al Parlamento europeo
Fitto s'è già cimentato con le Europee, per tre volte e sempre centrando l'elezione: nel 1999 e nel 2014 con Forza Italia, e nel 2019 in FdI (dopo il patto federativo di Direzione Italia col partito di Meloni). Nell'ultima legislatura europea, e fino alla corsa alle Politiche di un anno fa, è stato co-presidente dei Conservatori e riformisti europei. E il ministro salentino, proprio tra i corridoi di Bruxelles e sfruttando la vecchia matrice democristiana, è stato negli ultimi anni un utile passepartout per Meloni: scortando FdI nel gruppo Ecr, evitando la tentazione di Identità e democrazia (il rassemblement della destra estrema, che ha l'esponente più fulgido in Marine Le Pen), imbastendo relazioni anche trasversali e così contribuendo ad accreditare la leader di FdI nelle diffidenti stanze europee, e d'altro canto il canale di dialogo aperto con Ursula von der Leyen è l'esempio più lampante. Fitto, insomma, ha un curriculum che farebbe non poco comodo anche nella Commissione europea. E così, non per forza passando dalle urne, si sfilerebbe pure dal fuoco di fila interno su Pnrr e dintorni.
La partita è tutta da giocare. Anche perché il post voto rischia d'essere, il prossimo anno, un rompicapo, alla ricerca dell'alchimia di maggioranza. E su questo fronte già si discute (e litiga) nel centrodestra: proprio a Ceglie, sempre domenica dal palco de "La Piazza", c'è stata la sfida a distanza tra i due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il forzista ha bollato come «impossibile» l'ipotesi di patto con «Afd e il partito della signora Le Pen», «l'unica maggioranza possibile alternativa è quella che mi elesse presidente del Parlamento europeo, e dunque Ppe, liberali e conservatori grazie anche al lavoro di Fitto». Di tutt'altra opinione il leader leghista: «Il centrodestra deve andare unito anche in Europa per evitare un governo di Popolari e socialisti insieme, e a Macron preferisco la serietà di Le Pen». Il punto, che non sfugge a Meloni e tantomeno a Fitto, è uno: difficilmente si potrà impostare qualsiasi ragionamento sugli assetti politici europei senza confrontarsi con Francia e Germania, e dunque con il liberal-centrista Emmanuel Macron e con il socialista Olaf Scholz. È una faticosa corsa a tappe, e il risiko dei nomi è solo un (piccolo) inizio. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia