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Da una parte la coalizione che si compatta sul nome di Lorenzo Fontana per la presidenza della Camera. Dall’altra uno sfogo di Silvio Berlusconi verso la sua alleata Giorgia Meloni, nero su bianco, che riaccende la polemica. È stata una giornata di alti e bassi in casa centrodestra. A disturbare la sintonia ritrovata a Montecitorio la foto, scattata nel momento più concitato della giornata al Senato giovedì, di un appunto del Cavaliere su carta intestata “Villa San Martino”.
«Supponente, prepotente, arrogante e offensivo». È il giudizio tranchant che Berlusconi dà sull’atteggiamento della premier in pectore mentre l’aula si appresta a eleggere presidente Ignazio La Russa, ma senza i voti di FI, astenuta in protesta. «Nessuna disponibilità al cambiamento. È una con cui non si può andare d’accordo», si legge in fondo. Una parola è cancellata: «Ridicolo».
LE REAZIONI
Alla nota al vetriolo, dopo una giornata di silenzio, ha risposto ieri sera Giorgia infilandosi in auto verso le 20 da Montecitorio. «Mi pare mancasse un punto tra quelli elencati da Berlusconi: che non sono ricattabile». Due giorni di conta in Parlamento, tra prove di forza e contro-mosse fra alleati - hanno logorato gli animi. Un lieto fine c’è, per così dire, nell’elezione del leghista Lorenzo Fontana sul più alto scranno della Camera. A Montecitorio il centrodestra si compatta, per un giorno. Ma in tanti trattengono il fiato.
Il foglietto in aula, dicono in coro da FdI e FI, è un incidente isolato. La Russa, appena vestiti i panni della seconda carica dello Stato, tenta una mediazione in calcio d’angolo. E smorza: «Io credo che il presidente Berlusconi dovrebbe dichiarare quello di cui io sono quasi certo, che è un fake. Però deve dichiararlo lui, non posso dirlo io».
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Il patron di FI, invece, non proferisce parola.
E invece è arrivato il niet per un ministero alla sua fedelissima Licia Ronzulli, mugugna lui. Finita qui? Non proprio. Da FI nessuno vuole lo scontro frontale, «lasciamo decantare per il week-end», e aprono a un possibile nuovo vertice con Salvini e Meloni di Berlusconi, nel frattempo rientrato a Milano. E però il patron di Mediaset non ha intenzione di rinunciare alle sue richieste per il governo. Superato lo scoglio Ronzulli (probabilmente sarà capogruppo) resta una ricca lista di desiderata, ripassata ieri in un pranzo romano. Presente, tra gli altri, il coordinatore nazionale Antonio Tajani. Tra i dicasteri puntati, gli Esteri e ora anche il Mise: il ministero di Via Molise è in cima ai desideri di Berlusconi. Interessato, raccontano, anche alle ampie deleghe sul mondo della televisione, pubblica e privata, il suo habitat naturale.
UNO SPIRAGLIO
Difficile che Meloni firmi in bianco. Tanto più dopo il gesto plateale dei senatori azzurri, spartiacque di quest’ultimo miglio del centrodestra verso Palazzo Chigi. Segnali distensivi, fra una stoccata e l’altra, non mancano. In una curiosa inversione delle parti, adesso spetterà a Matteo Salvini indossare la tuta del pompiere al primo incontro tra leader della coalizione e magari portare a più miti consigli l’amico di Arcore. Ci ha già provato giovedì sera al telefono - come ha poi raccontato ai suoi deputati ieri a Montecitorio - «Giorgia ha i numeri...». E adesso garantisce: «Quirinale? Certo che alle consultazioni andremo insieme».
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Quotidiano Di Puglia