Piazza della Loggia, la strage 50 anni fa: «Ha insegnato al nostro Paese le fatiche della democrazia»

Il prossimo 28 maggio cadrà il 50° anniversario dall’esplosione che a Brescia uccise otto persone e ne ferì altre cento. Al Liceo Banzi di Lecce l’incontro con Alfredo Bazoli, Benedetta Tobagi e Giovanni Pellegrino

Piazza della Loggia, la strage 50 anni fa: «Ha insegnato al nostro Paese le fatiche della democrazia»
di Paola ANCORA
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Domenica 19 Maggio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:11

La sveglia presto e la colazione da preparare. Beatrice, Guido e Alfredo – nove, sei e quattro anni – con gli occhi cisposi di sonno. Un bacio alla mamma in golfino e jeans, sulla porta di casa: «Non andare» piagnucola Alfredo, il più piccolo. Ma la Renault 5 di Giulietta “la rossa”, rossa come lei, era già in moto. Il corteo sarebbe partito di lì a poco dalla periferia di Brescia per raggiungere piazza della Loggia. Una manifestazione imponente contro la violenza che imperversava nel Paese, contro gli attentati, i terroristi neri, gli sfacciati tentativi di deviare l'Italia dal suo faticoso cammino democratico.

Giulietta se n’è andata col pugno alzato. Insegnava francese al liceo Arnaldo ed era sindacalista della Cgil Scuola. Aveva 34 anni, tre figli piccoli e un marito democristiano, Luigi Bazoli, che si trovava a pochi metri da lei quando una bomba piazzata in un cestino dei rifiuti dai terroristi di destra di Ordine nuovo – dirà la giustizia italiana 43 anni dopo quel funesto 1974 – squarciò il cielo carico di pioggia, eruttando otto sentenze di morte e una delle pagine più buie della storia d’Italia. Era il 28 maggio e a pochi giorni dal 50° anniversario della strage, il liceo di Lecce intitolato a quella giovanissima insegnante – il “Banzi Bazoli” di piazza Palio - organizza un incontro con il senatore dem Alfredo Bazoli, il figlio più piccolo di Giulietta; con la scrittrice Benedetta Tobagi, figlia minore del giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi, ucciso anche lui un 28 di maggio, nel 1980, dalla Brigata di estrema sinistra “XXVIII marzo”. E poi con Giovanni Pellegrino, già senatore e per anni presidente della commissione Stragi. L'incontro si terrà domani, lunedì 20 maggio dalle 9.30, nell'aula magna del liceo.

«Non è mai facile parlare ai ragazzi di cose accadute cinquant'anni fa – dice Alfredo Bazoli – ma io, sa, parlo di mia madre e questo suscita sempre interesse». Una mamma sbiadita nei ricordi, persa nel tempo che impone sempre un futuro, purché sia. «Per me, un'amputazione con la quale ho convissuto tutta la vita, ma lentamente – prosegue Bazoli – ci ho fatto i conti. Sono prevalsi il desiderio di capire, la sete di giustizia, la voglia di vedere uno Stato democratico colpito al cuore agire per punire i responsabili».

Quarantatre anni sono trascorsi e ancora non è stata fatta piena luce su piazza della Loggia. Se Carlo Maria Maggi, terrorista di Ordine nuovo e già militante del Movimento Sociale Italiano, e Maurizio Tramonte, anche lui ordinovista ed ex infiltrato dei servizi segreti, sono stati condannati per strage e omicidio, non si conoscono ancora i nomi degli agenti del Sid e degli uomini delle istituzioni che coprirono i terroristi «e lavorarono perché la verità non venisse scoperta: pezzi dei servizi segreti interni, forse i servizi americani, una parte dell'Arma dei carabinieri, un insieme di poteri occulti – riflette Bazoli – che ha lavorato per nascondere la verità e coprire i fascisti di Ordine nuovo con i quali condividevano gli obiettivi di bloccare l'evoluzione democratica, di impedire lo slittamento a sinistra dell'ordine politico, di mantenere il nostro Paese ancorato al Patto atlantico. Ma la democrazia non può convivere con le ombre: fare chiarezza, consegnare la verità ai cittadini, è importante ancora oggi».

I funerali delle vittime della strage di piazza della Loggia diventeranno la più grande manifestazione antifascista del Dopoguerra. Mezzo milione di persone arrivarono a Brescia per salutare, insieme a Giulietta, Livia Bottardi, insegnante di Lettere; Alberto Tedeschi, insegnante di Fisica; la docente Clementina Calzari Trebeschi, il pensionato ed ex partigiano Euplo Natali; l'insegnante Luigi Pinto e i due operai Bartolomeo Talenti e Vittorio Zambarda. «Quei funerali – spiega Benedetta Tobagi, che a piazza della Loggia ha dedicato il libro “Una strage incoronata di buio” - furono una straordinaria prova di democrazia». Il servizio d'ordine pubblico fu organizzato e garantito dai sindacati e non dalle forze di polizia. «Furono i lavoratori a gestire la piazza sdegnata, a proteggere le autorità che parteciparono ai funerali e, poi, a fischiarle». A dire che ogni manifestazione del proprio pensiero – fischi, cortei, urla, slogan, bandiere, lacrime e cori - è quintessenza dello spazio democratico, ma non la violenza né chi la sobilla, la evoca e la copre. «Fu un momento bellissimo e commovente» dice Tobagi, aprendo una riflessione sul senso stesso della “protesta” «che non viene accettata neanche oggi o viene bollata come censura». Basti pensare ai liceali accerchiati e manganellati a Pisa durante una pacifica manifestazione pro-Palestina – episodio che ha scatenato feroci polemiche e una pioggia di denunce – oppure, durante i recenti Stati generali della Natalità, alle contestazioni degli universitari alla ministra Eugenia Roccella. «Sono stata censurata» ha detto lei, alla fine. «Mettersi in ascolto dei ragazzi – prosegue la scrittrice – è invece l'unica strada per colmare lacune di conoscenza legate a programmi di storia troppo brevi e, da parte mia, per trasferire loro l'eredità di persone come Giulietta Banzi o come mio padre, persone impegnate a migliorare la società nella quale vivevano. Vorrei cogliessero il senso che hanno le cose terribili successe durante gli anni Settanta, cose che da sempre fanno parte dei vizi del potere e della fragilità della democrazia e che non solo non devono mai trasformarci in cittadini cinici e disillusi, ma anzi devono aiutarci a diventare adulti che accettano il peso, la fatica e la responsabilità della democrazia. Vorrei che i ragazzi comprendessero che la repressione e la demonizzazione del dissenso ci restituiscono la misura della nostra importanza di cittadini, dell'importanza della piazza».

Perché la piazza reale, l’agorà oggi snobbata e svilita dalla dittatura dei social network, ci appartiene, è dei giovani e dei vecchi, dei lavoratori e delle lavoratrici, degli indignati e dei contenti, degli arrabbiati e dei festanti, dei cittadini tutti.

E non, per dirlo con il professore Gianluigi Berardi che fu fra gli ultimi a salutare Giulietta Banzi da viva, «di chi vuole che siano morti invano ed è fuori dalla storia, fuori dalla vita, perché ancora rispolvera la menzogna logora degli opposti estremismi per difendersi dal contagio della chiarezza». Giulietta vive.

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