L’accusa pubblica, che ha chiesto la condanna dei quattro imputati, ha offerto al tribunale (collegio presieduto dalla dottoressa Rina Trunfio, giudice relatore dottor Filippo Di Todaro), una ricostruzione capillare dell’identikit dei banditi che misero a segno il raid, che si tradusse in un milionario colpo fallito.
E ieri la dottoressa Isceri ha spiegato, dal proprio osservatorio, il perchè richiede la condanna di quattro uomini, sul presupposto che a vario titolo abbiano effettuato l’assalto.
Nella sua requisitoria, la dottoressa Isceri ha utilizzato a mani basse non solo le indicazioni dei testi, ma anche le comparazioni effettuate dai consulenti tecnici e soprattutto le conclusioni degli investigatori del Commissariato di polizia di Manduria.
Quattordici anni di reclusione sono stati chiesti a carico di Gilberto Dorno, 58enne di San Giorgio Jonico; undici anni sono stati invocati per Pasquale Felice Barbati, 48enne di San Giorgio Jonico; undici anni e due mesi sono stati chiesti per Luigi De Michele, 44enne di Carosino, e undici anni e mezzo a carico di Michele Mastropietro, 49enne di Carosino.
Dopo l’intervento dell’accusa pubblica è cominciata la serie di arringhe del collegio di difesa, introdotta dalle argomentazioni dell’avvocato Cosimo De Leonardis e proseguita con l’intervento dell’avvocato Biagio Leuzzi. Nella prossima settimana, il ventaglio di arringhe sarà definito con gli interventi degli avvocati Luigi Danucci, Fabrizio Lamanna e Gaetano Vitale.
L’assalto armato di cui si discute in aula fu da film apocalittico: il furgone portavalori fu crivellato di colpi e quasi decappottato, come una scatoletta, per l’uso delle fiamme ossidriche con cui i banditi volevano arrivare ai soldi disponibili sul mezzo: circa 5 milioni e mezzo di euro. E poi autovetture in fiamme, di provenienza furtiva, per creare confusione. Le indagini partirono, appunto, da un cellulare trovato per strada. Il colpo “del secolo”, però, non riuscì, perchè i banditi non riuscirono a portare via il forziere. Ma su quell’assalto avvenuto in agro di Monteiasi le indagini andarono avanti per mesi. Sino all’ottobre successivo, quando la polizia fermò i quattro imputati.