Mesotelioma: a Taranto cinque volte più casi che altrove

Mesotelioma: a Taranto cinque volte più casi che altrove
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 15 Ottobre 2016, 10:29 - Ultimo aggiornamento: 16:21
Ci sono dei numeri che vanno oltre qualsiasi considerazione. I morti per mesotelioma nella città di Taranto, tra il 2006 e il 2011, sono la metà di quelli censiti nell’intera Puglia dal Registro regionale. Centoventuno morti solo di mesotelioma, di cui 99 uomini - il tasso di incidenza negli uomini è il triplo rispetto a quello nazionale - e 22 donne. Il mesotelioma è un tumore che nasce dalle cellule del mesotelio ed è associato soprattutto all’esposizione all’amianto.
Cifre da far rabbrividire. Non ci sono solo le ciminiere del siderurgico. Dalle fornaci delle acciaierie dell’Ilva all’Arsenale Militare, alle navi della Marina: il territorio della provincia di Taranto paga un prezzo altissimo in termini di salute e inquinamento ambientale.
 
La fotografia del convegno organizzato dall’Osservatorio nazionale amianto ribadisce quanto già emerso durante la visita della Commissione parlamentare di inchiesta uranio impoverito e amianto: in un passato silenzioso e in un presente tuttora sottovalutato, troppe persone del capoluogo jonico sono state esposte al contagio con questo pericoloso minerale messo al bando da una legge del 1992.
La situazione della Puglia e, in particolare, della provincia di Taranto, è molto grave. Tenendo conto che l’Italia ha una popolazione di circa 60 milioni di abitanti e che ogni anno vengono censiti 1.500 mesoteliomi, secondo i calcoli si dovrebbe rilevare un caso di mesotelioma ogni 40/50mila abitanti. A Taranto, che ha una popolazione di 200mila abitanti, dovrebbero quindi verificarsi 4 o 5 casi di mesotelioma l’anno. Mentre i numeri drammatici parlano di circa 20 casi, con un’incidenza, quindi cinque volte superiore all’attesa.
Si tratta di un inquinante infido. Perché le malattie da amianto possono manifestarsi dopo molto tempo, persino dopo trent’anni. La pericolosità consiste, infatti, nella capacità che il materiale ha di rilasciare fibre potenzialmente inalabili dall’uomo che hanno la caratteristica di dividersi in senso longitudinale anziché trasversale come le altre tipologie di fibre.
Una nuova sede a Taranto sarà coordinata da Paola Santospirito e diventerà un nuovo punto di riferimento per chi è entrato in contatto con l’amianto e i loro familiari. Hanno aderito dipendenti ed ex dipendenti della Marina Militare che hanno scoperto di aver contratto patologie asbesto correlate, come placche pleuriche, noduli polmonari e ispessimenti dell’interstizio.
Un esempio per tutti. Il tristemente famoso “Magazzino 53”, una sorta di deposito di amianto all’interno dell’Arsenale. Anche lo stabilimento siderurgico - sin dall’Italsider statale, è bene sottolinearlo - ha presentato una mappa sconcertante: è certificato che all’interno dell’impianto tarantino ci siano siti contaminati. Durante l’audizione del 25 febbraio 2016 presso la Commissione Attività Produttive, i Commissari straordinari avevano dichiarato oltre 180 interventi e poco più di 1.750 tonnellate nell’ultimo biennio. La bonifica da amianto in Ilva, iniziata nel 2003, ha registrato picchi di intervento nel 2008 con 277 smaltimenti e l’anno successivo con 239 rimozioni.
Troppe le omissioni dello Stato in questi anni e l’insorgenza del mesotelioma è solo la punta dell’iceberg: l’amianto infatti “è in grado di determinare patologie fibrotiche, tra le quali l’asbestosi, le placche pleuriche, gli ispessimenti pleurici e complicazioni cardiovascolari e cardiocircolatorie, e diverse patologie neoplastiche” è stato chiarito durante il convegno.
Il presidente dell’Ona, Ezio Bonanni, ha acceso i riflettori su una statistica. Venti casi di mesotelioma l’anno “corrispondono a circa quaranta decessi per tumore polmonare; quindi si prevede che nella sola città di Taranto ci siano, ogni anno, almeno 100 decessi causati o concausati dall’esposizione all’amianto per le patologie neoplastiche e fibrotiche”.
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