Ex Ilva, ultima chiamata: lo Stato prepara le contromosse

Ex Ilva, ultima chiamata: lo Stato prepara le contromosse
Ex Ilva, ultima chiamata: lo Stato prepara le contromosse
di Domenico PALMIOTTI
6 Minuti di Lettura
Lunedì 11 Dicembre 2023, 05:00

La nuova convocazione del Governo su Acciaierie d’Italia, ex Ilva, ha preceduto di un giorno la conferenza stampa dei segretari generali di Fim, Fiom e Uilm che rimane indetta per oggi alle 11 davanti a Palazzo Chigi. E sembra confermare che sul dossier ex Ilva l’attenzione dell’Esecutivo resta alta. Ieri mattina, infatti, è stata recapitata ai vertici delle sigle metalmeccaniche la convocazione per il 20 dicembre alle 11 nella sala verde di Palazzo Chigi. La convocazione è firmata dal consigliere Nicola Guerzoni per conto del sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, che ha già presieduto il vertice del 27 settembre presenti tre ministri: Urso (Imprese), Fitto (Affari europei, Sud, Coesione e Pnrr) e Calderone (Lavoro). Ce ne sono poi stati altri il 20 ottobre e il 9 novembre, ma hanno coinvolto solo i capi di gabinetto dei ministeri. 

Il nuovo incontro fissato dal Governo precede di due giorni l’assemblea dei soci (ArcelorMittal e Invitalia) di Acciaierie d’Italia.

Un’assemblea che appare un po’ come ultima chiamata, visto che è più di un mese che i due soci non trovano un’intesa sul prosieguo della società. Nonostante i ripetuti inviti di Urso al socio privato di maggioranza (Mittal) a presentare un piano industriale all’altezza delle aspettative (rilancio industriale e decarbonizzazione della produzione), la sottolineatura di Giorgetti, ministro dell’Economia, per il quale “in ragione della propria quota di partecipazione al capitale sociale”, i soci partecipano “agli interventi necessari a far fronte alle esigenze della società” e quindi lo sforzo maggiore spetta a Mittal, e nonostante anche il memorandum sottoscritto da Fitto con Mittal e Acciaierie, dove lo Stato indicava le risorse che avrebbe messo (2,2 miliardi), non un segnale è venuto da Mittal. 

Cosa sta succedendo

Al contrario di Invitalia che la sua parte, proporzionalmente, era già disposta a farla (la società pubblica ha il 38 per cento a fronte del 62 di Mittal). Il privato, dunque, non ha mobilitato risorse, non ha detto che vuole farlo, anzi, ha manifestato indisponibilità e nell’assemblea del 6 dicembre ha presentato una memoria dove contesta a Governo e Invitalia una serie di inadempienze. In termini di finanziamenti, garanzie, fornitura del gas e crediti fiscali per le industrie energivore.
“Pretesti per prendere tempo”: così, sull’altro fronte, hanno definito quanto elencato nella memoria di Mittal. Alla quale, però, il Governo deve rispondere ed ecco perché l’assemblea è stata riaggiornata al 22. Ma questi giorni, naturalmente, non serviranno solo a mettere nero su bianco la risposta a Mittal. Dovrebbero servire anche a costruire una strategia, una soluzione, per la crisi dell’azienda, se non condivisa tra i due soci, almeno pubblica. Dello Stato cioè. 

Al punto in cui è giunta la vicenda, già senza aspettare il 22, i sindacati ritengono che non ci sia altra strada da percorrere all’infuori di quella rappresentata da un intervento di salvataggio dell’ex Ilva da parte dello Stato. 
Una strategia che parte da tre mosse: usare la leva della legge d’inizio d’anno per convertire in capitale i 680 milioni che Invitalia ha già erogato ad Acciaierie, mettere in sicurezza l’azienda e cercare un nuovo privato che entri in partita. È chiaro che questa è un’operazione sì facile a dirsi, ma complicata a farsi. Richiede a monte l’attenta valutazione di tutti gli aspetti tecnici, finanziari, legali, contrattuali, in modo da procedere al meglio, anche perché è improbabile che Mittal resti alla finestra e non prepari una contromossa. 
È indubbio comunque che la gestione Mittal e Acciaierie ha ormai tagliato tutti i ponti ed esaurito gli ultimi spiccioli di credito, per cui un voltar pagina verrebbe visto da più parti, non solo dai sindacati, come vera ripartenza. 
Ma questa è anche la settimana in cui (il 14 a Lussemburgo) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea esaminerà di nuovo il caso ex Ilva dopo l’udienza del 7 novembre. L’avvocato generale della Corte farà conoscere giovedì le sue conclusioni, dopodiché l’udienza sarà rinviata e toccherà al collegio dei giudici prendere una decisione nell’arco di qualche tempo.

“La data della nuova udienza - spiega a Quotidiano l’avvocato Maurizio Rizzo Striano che assiste l’associazione Genitori Tarantini - la fissa il presidente quando sono pronte le motivazioni della sentenza. Si parla di pubblicazione della sentenza e vuol dire che c’è un’apposita udienza pubblica dove si da conto delle motivazioni. Non è come da noi, dove prima si rende noto il dispositivo e poi le motivazioni arrivano in seguito. Alla Corte della Ue fanno contestualmente tutto. Noi ci aspettiamo che l’intervento dell’avvocato generale sia conforme a quello che ha detto la Commissione Europea. E cioè che la Valutazione del danno sanitario è un requisito da tenere presente nel rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale. Se si accetta questo, è chiaro che l’attuale Autorizzazione di cui si avvale l’ex Ilva non è valida”. Infatti nella memoria inviata dalla Commissione di Bruxelles alla Corte del Lussemburgo prima dell’udienza del 7 novembre, c’è scritto che “i rischi per la salute devono essere debitamente presi in considerazione al momento di concedere o riesaminare l’autorizzazione” allo stabilimento siderurgico con un “monitoraggio degli effetti concreti sulla salute”. Questo per consentire “alle autorità competenti di reagire in caso di pericolo”. Nello specifico, la Corte del Lussemburgo è chiamata a pronunciarsi sull’istanza avanzata dal Tribunale di Milano, ovvero se le norme sulla fabbrica promosse dal Governo italiano e approvate dal Parlamento siano o meno compatibili col diritto comunitario. A fronte dell’azione promossa dall’associazione “Genitori Tarantini”, che per i danni ambientali e sanitari chiedono, con un’azione inibitoria, la chiusura o il fermo degli impianti siderurgici, il Tribunale lombardo ha rimesso il caso alla Corte Ue con un rinvio pregiudiziale. Che scatta quando un giudice di un Tribunale nazionale di uno Stato dell’Unione chiede alla Corte di precisare una questione relativamente all’interpretazione o alla validità di un atto di diritto europeo.

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