Descalzi: «La raffineria Eni non chiuderà»

Descalzi: «La raffineria Eni non chiuderà»
di Elda DONNICOLA
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Giovedì 12 Maggio 2016, 21:53 - Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 10:01
«Non chiuderemo la raffineria di Taranto per senso di responsabilità». Con il blocco del centro oli della Val D’Agri «perdiamo 20-30 milioni su base annua». Ad affermarlo, nel corso di una conferenza stampa al termine di un’assemblea dei soci, è stato ieri l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi. Un incontro proprio per fare il punto sui risvolti dell’inchiesta in Basilicata per il colosso del cane a sei zampe.
Al posto delle forniture provenienti da Val D'Agri, infatti, il gruppo si deve rifornire altrove. Le petroliere stanno arrivano, con il blocco del giacimento lucano, nel porto di Taranto. Ma è chiaro che in questo modo la raffineria perde parecchi milioni, giorno dopo giorno. Petrolio che, rispetto a quello dei giacimenti «paghiamo di più in particolare a causa del costo del trasporto», sottolinea l’amministratore del gruppo petrolifero italiano. 
Nei giorni scorsi una petroliera, la “Sky” è attraccata per consentire rifornimenti utili alla prosecuzione dell’attività nello stabilimento industriale di Taranto, in cui operano poco meno di cinquecento lavoratori diretti.
«Speriamo si riuscirà a trovare una soluzione non lontanissima nel tempo», si è augurato Descalzi.
In Val D'Agri, con il blocco, spiega ancora Descalzi, «perdiamo circa 50mila barili al giorno mediamente» e per Eni questo costo si può quantificare in «decine di milioni. Sono tanti. Vogliamo collaborare al massimo con le autorità», ha poi concluso in riferimento a Taranto.
Il 28 aprile c’è stato un incontro con i sindacati della Val d’Agri proprio per evidenziare i riflessi del blocco del giacimento. Il prossimo step per capire cosa accadrà sarà il 28 maggio, data di un nuovo confronto con le organizzazioni sindacali.
Lo spettro della cassa integrazione, in particolare per i lavoratori lucani, è strettamente connesso agli sviluppi giudiziari dell’indagine. Ma non è escluso che eventuali provvedimenti similari, con il passare del tempo possano estendersi anche alla raffineria jonica.
In merito all’inchiesta ieri l’Eni ha ribadito nuovamente «correttezza» e «serenità».
Il management ha toccato alcuni dei punti principali che stanno impegnando l'azienda, alle prese con un prezzo del petrolio che viaggia sotto i 50 dollari al barile e che spinge quindi a cercare anche altre soluzioni di business, come per esempio le energie rinnovabili. Non è il caso di Taranto, dove invece, si punta sui prodotti petroliferi.
E non è solo la Val d’Agri a preoccupare. Perché l’attenzione è altissima, e le resistenze locali permangono, anche sul programma di Total, Tempa Rossa, l’altro giacimento della Basilicata, il cui petrolio dovrebbe confluire, per il momento soltanto in attività di stoccaggio alla raffineria jonica.
Il blocco dell'estrazione ha «riflessi non indifferenti», ha concluso Descalzi, ma non i chiuderà «per senso di responsabilità» e per non creare «un disagio profondo». Anche i sindacati jonici peraltro si sono associati alla preoccupazione
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