Ex Ilva, il Consiglio di Stato annulla la sentenza del Tar di Lecce: la produzione a Taranto può proseguire. Giorgetti: «Avanti col piano industriale»

Ex Ilva, il Consiglio di Stato annulla la sentenza del Tar di Lecce: la produzione nello stabilimento di Taranto può proseguire
Ex Ilva, il Consiglio di Stato annulla la sentenza del Tar di Lecce: la produzione nello stabilimento di Taranto può proseguire
di Alessio PIGNATELLI
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Mercoledì 23 Giugno 2021, 10:16 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 07:21

L'area a caldo dello stabilimento siderurgico di Taranto non chiude. Il tanto atteso verdetto è arrivato: il Consiglio di Stato, all’esito dell’udienza del 13 maggio 2021, ha disposto l’annullamento della sentenza del TAR di Lecce n.249/2021. Vengono dunque a decadere le ipotesi di spegnimento dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto di Acciaierie d’Italia e di fermata degli impianti connessi, la cui attività produttiva proseguirà con regolarità.

Le motivazioni

Il potere di ordinanza d'urgenza del sindaco di Taranto è stato esercitato in assenza dei presupposti di legge. È per questo che il Consiglio di Stato ha annullato l'ordinanza sull'ex Ilva. Secondo Palazzo Spada, non sono emersi «fatti, tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l'ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie» dell'impianto.

Il Consiglio di Stato pertanto pur senza negare la grave situazione ambientale e sanitaria da tempo esistente nella città di Taranto, già al centro di vicende giudiziarie penali e di una sentenza di condanna dell'Italia da parte della Corte Europea dei Diritti Umani, ha concluso che «nella specie il potere di ordinanza abbia finito per sovrapporsi alle modalità con le quali, ordinariamente, si gestiscono e si fronteggiano le situazioni di inquinamento ambientale e di rischio sanitario, per quegli stabilimenti produttivi abilitati dall'A.I.A.», non essendosi evidenziato un pericolo «ulteriore» rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell'attività industriale.

Giorgetti: «Avanti col piano industriale»

«Alla luce del pronunciamento del Consiglio di Stato sull'ex Ilva, che chiarisce il quadro operativo e giuridico, il governo procederà in modo spedito su un piano industriale ambientalmente compatibile e nel rispetto della salute delle persone». Così il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, in una nota, dopo la decisione del Consiglio di Stato di bocciare la richiesta del TAR di Lecce di fermare l'area a caldo dello stabilimento di Taranto. «L'obiettivo - aggiunge il ministro - è rispondere alle esigenze dello sviluppo della filiera nazionale dell'acciaio accogliendo la filosofia del PNRR recentemente approvato».

Le associazioni: «La nostra battaglia non si ferma»

«Le nostre ragioni sono e saranno più solide di quelle dell'acciaio. Assieme alle associazioni di Taranto ci faremo promotori di un'iniziativa di tutela multilivello che solleciti contemporaneamente la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) di Strasburgo, il Comitato Onu per i diritti dell'infanzia di Ginevra, la Commissione Europea di Bruxelles, tutti gli organi nazionali preposti alla tutela dell'infanzia e infine anche la Procura della Repubblica per quanto di propria competenza». Lo annuncia il Comitato Cittadino per la Salute e l'Ambiente di Taranto, a cui aderiscono Peacelink, Comitato Quartiere Tamburi, Articolo 32, Genitori Tarantini, LiberiAmo Taranto e Lovely Taranto.

L'iter giudiziario

Il Consiglio di Stato era chiamato a decidere se confermare o bocciare la sentenza del Tar di Lecce che lo scorso 13 febbraio aveva ordinato lo spegnimento in 60 giorni degli impianti dell’area a caldo del siderurgico ex Ilva di Taranto. La sentenza del Tar Lecce di febbraio scorso aveva confermato un'ordinanza del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, di febbraio 2020 che disponeva lo stop agli impianti dell’area a caldo in 60 giorni in quanto fonti emissive pericolose per la salute e per l’ambiente.

La sentenza del Tar era stata subito impugnata in appello da ArcelorMittal Italia a cui si sono poi aggiunti Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria degli impianti, Invitalia, in qualità di partner pubblico di ArcelorMittal Italia, e il ministero della Transizione ecologica.

Dall'altra parte, invece, Comune di Taranto e Regione Puglia. Il Consiglio di Stato aveva sospeso il 12 marzo scorso la sentenza del Tar e rinviato tutto all’udienza di merito del 13 maggio. E finalmente, da qualche minuto, si è arrivati al verdetto.

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