Castillo: "Frosinone-Lecce, non c'è una squadra favorita. Si salveranno entrambe"

Nacho Castillo
Nacho Castillo
di Antonio IMPERIALE
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Giovedì 29 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:41
«Il Salento è una musica che mi arriva dolce sino a Buenos Aires. Ha riempito i miei giorni. Ci ho vissuto otto anni. Ho apprezzato la sua qualità della vita, ho realizzato i sogni che cullavo da bambino. È casa mia». La voce tradisce l’emozione che gli arriva dai tanti ricordi. Nacho Castillo, che ora fa lo scouting sudamericano per il Bologna, racconta di Brindisi e del Brindisi, il primo anno in Italia, all’alba del primo decennio di questo terzo millennio. Fu subito promozione in C/2. Aveva classe da vendere, l’argentino, tecnica deliziosa, ma era costretto a giocare dalla serie D in giù, per via della mancanza del passaporto italiano. «E poi Nardò - dice ancora -. Ricordo che si chiamava la Nuova Nardò». Il gol come abitudine: 17 in 34 gare. Come dire a rete a giorni alterni. Una puntata in Calabria e poi Danilo Pagni lo porta a parametro zero a Gallipoli, i successi, la scalata, un anno dopo l’altro, sino alla serie C/1, gol a gogò per salire più in alto, per il miracolo sullo Jonio, una sorta di favola. Avuto il passaporto, grazie al “caso Barusso”, niente gli era più vietato. Nel 2011 diventerà anche cittadino italiano.
«A Gallipoli un presidente generoso, entusiasta come Vincenzo Barba aveva creato qualcosa di incredibile. Mi voleva bene. Aveva visto in me il giocatore con il quale realizzare i suoi sogni, insieme con i miei compagni. E poi il ds Danilo Pagni, gli altri dirigenti gallipolini. Ben 39 gol in due stagioni, le promozioni e la Coppa Italia». Il Gallipoli in copertina. «In Coppa Italia giocammo contro il Frosinone. Iaconi mi volle con lui, in serie B. Volevano tenermi ancora, ma io andai al Pisa, ancora in B». Con il record storico dei gol nella squadra toscana, 21 in un anno. E Corvino lo fece approdare a Lecce. «Straordinario Pantaleo, gli devo un grazie che non finisce mai per avermi portato in serie A. Era il campionato 2008-2009. C’era un presidente grandissimo, una persona meravigliosa come Giovanni Semeraro. Due allenatori, prima Beretta, poi Gigi De Canio. Retrocedemmo purtroppo da ultimi in classifica. Era la metà di settembre quando segnai il mio primo gol in serie A contro il Chievo, la prima vittoria al Via del Mare. Trenta presenze, otto gol, più uno in Coppa Italia, mi piace ricordare il gol segnato alla Fiorentina, il gol del successo sul campo dei viola, quello del pareggio a Torino con la Juventus».
Il Lecce domenica va a Frosinone, dopo lo 0-4 con l’Inter, uno scontro diretto sulla via della salvezza, con il Frosinone che in casa ha vinto sei volte e che punta al sorpasso. Il Lecce si porta le ferite del cappotto con l’Inter e delle difficoltà vissute in trasferta. «Guai a giudicare il Lecce dalla partita con l’Inter, troppo grande la differenza. In quel campionato del 2006-2007, quando indossavo la maglia dei frusinati, in terra laziale vincemmo per 2-1, ma a Lecce beccammo un secco 4-0». Il presente? «A Frosinone adesso c’è Angelozzi: è un dirigente molto preparato, conosce molto bene il calcio. Quest’anno hanno fatto qualcosa di eccezionale, anche se in serie A diventa difficile poi non soffrire un po’. Lotterà sino alla fine come il Lecce. Chi starà meglio nell’ultimo mese e mezzo si salverà. Si giocheranno questa gara sino in fondo. Sarà una partita per certi versi entusiasmante» Il pronostico? «Non mi piace fare l’indovino. Sarà certamente una partita in cui conterà l’aspetto tecnico, ma anche quello psicologico. Io naturalmente per l’affetto che porto ad una squadra ed all’altra auguro la salvezza a entrambe. La meritano ed hanno i mezzi per ritrovarsi in A anche l’anno prossimo. Lo meritano i tifosi salentini che mi porto nel cuore, come quelli di Brindisi, di Nardò, di Gallipoli, di tutti i tifosi salentini e pugliesi che mi hanno voluto bene».
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