«La danza? La mia vita», Nicoletta Manni si racconta

«La danza? La mia vita», Nicoletta Manni si racconta
di Eraldo MARTUCCI
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Venerdì 22 Dicembre 2023, 17:30 - Ultimo aggiornamento: 21:21

Teatro alla Scala, 8 novembre, una data che rimarrà indimenticabile per Nicoletta Manni. Al termine di un “Onegin” sublime e commovente con lei protagonista accanto a Roberto Bolle, il sovrintendente Dominique Meyer è infatti salito sul palcoscenico, e dopo aver ringraziato tutti gli artisti le ha detto: «Non è abitudine in questo teatro, ma quando una ballerina brilla così nelle stelle da diversi anni, si possono cambiare le regole e oggi con Manuel Legris abbiamo deciso di cambiarne una. Su sua proposta ho il piacere di dare a Nicoletta il titolo di étoile». Un titolo dato “sul campo” che ha coronato la straordinaria carriera dell’artista salentina, dal 2014 prima ballerina del corpo di ballo scaligero. Una nomina che chiude un anno per lei davvero speciale anche per il matrimonio con il compagno di palcoscenico Timofej Amdrijashenko, e che è arrivata poco dopo l’uscita del libro “La gioia di danzare”.
Nicoletta, a distanza di poco più di un mese quanto è ancora forte l’emozione per quella magica serata?
«L’emozione di quel momento rimane uno dei ricordi più forti e potenti che ho provato nella mia vita. Non succedeva da tanto tempo una nomina a étoile alla Scala, ed è invece arrivata così, a sorpresa, e mi ha preso letteralmente alla sprovvista. Ringrazio il sovrintendente e il direttore del corpo di ballo non solo per avermi ritenuto all’altezza di questo ruolo, ma anche per avermi dato la possibilità di vivere questo momento sul palcoscenico, il luogo per me dalle emozioni più intense».
Da étoile ha debuttato subito nel nuovo allestimento di “Coppelia” di Delibes firmato da Alexei Ratmansky che ha inaugurato con grandissimo successo domenica scorsa la stagione di balletto 23/24 della Scala. Ha sentito una maggiore responsabilità nell’affrontare la parte di Swanilda, affiancata ancora una volta da Timofej Amdrijashenko nel ruolo di Franz?
«Sono veramente felice che la mia prima stagione da étoile sia stata inaugurata con il titolo “Coppelia” nella nuova versione di Alexei Ratmansky, che conosco da diversi anni e con cui avevo già lavorato in alcuni grandi titoli del repertorio come “Il lago dei cigni” e “La bella addormentata”, e in altri suoi balletti neoclassici. Sono perciò molto contenta di ritrovarlo in questo momento così speciale del mio percorso, e di aver creato insieme questa nuova versione di “Coppelia” in cui ho affrontato per la prima volta il ruolo di Swanilda accompagnata dal mio Franz! E in questa abbiamo anche ritrovato molti momenti della nostra quotidianità. Swanilda è una donna forte, sa quello che vuole e guida i personaggi con una lezione importante: l’amore non è solo apparenza ma qualcosa di molto più profondo. È un balletto decisamente positivo, pieno di danza e di virtuosismi, ma è anche molto teatrale e ricco di umorismo».
Con suo marito, Timofej appunto, condivide la passione per la danza, e nel libro racconta come è scoppiata anche la scintilla d’amore. Una vita privata che è anche pubblica con la proposta di matrimonio all’Arena di Verona, e la narrazione social dei momenti più intesi del matrimonio lo scorso agosto nel Salento. Come fa a conciliare le due dimensioni?
«Alla danza devo dire grazie anche per avermi fatto incontrare l’amore: con mio marito ci siamo infatti conosciuti alla Scala e abbiamo iniziato a danzare insieme, e il nostro rapporto è diventato sempre più profondo. La proposta di matrimonio è arrivata anche quella sul palcoscenico, e non avrei potuto desiderare di più. Conciliare la vita privata con quella lavorativa non è sempre facile, anche se ci siamo abituati fin dall’inizio perché comunque ci siamo conosciuti proprio come partner, e questo ci ha sicuramente aiutato. Certo, quando ci si conosce così bene e si condivide proprio tutto non è facile trovare il giusto equilibrio. Ma abbiamo trovato la nostra dimensione: io sono più razionale, lui è più istintivo, e ci completiamo benissimo. Ora che abbiamo trovato il nostro metodo, il fatto di ballare insieme e condividere anche il lavoro è solo una marcia in più, e ci aiuta a essere più veri, spontanei e naturali sul palcoscenico».
Dietro “La gioia di danzare”, come recita il titolo del libro, in realtà ci sono anche un lavoro immane e tanti sacrifici, rinunce e ansie. Ma forse non è sbagliato dire che per lei la danza e la vita sono la stessa cosa.
«Esatto, nella “gioia di danzare” ci sono tanti momenti della mia vita alternati alle magiche protagoniste dei balletti. Per me non è affatto sbagliato dire che la vita e la danza sono la stessa cosa. La danza è un mestiere, un’arte, una passione a cui va dedicata la vita, e richiede tantissimo impegno e dedizione che occupano la maggior parte del tempo. Ma è una vita bellissima, e sono pienamente soddisfatta».
La Scala e Milano sono ormai diventate la sua casa, ma il rapporto che la lega alla sua terra e alla sua famiglia è sempre strettissimo, e lo mette bene in evidenza nel libro. Cosa rappresentano questi due posti così distanti ma anche così vicini?
«Mi sento sempre una salentina a Milano! Sono molto legata alla mia terra e alla mia famiglia, e ai valori che mi hanno insegnato. Sono aspetti importantissimi come quelli che mi legano anche a Milano e alla Scala. Devo dire che le due cose coesistono meravigliosamente, nel senso che vedere la mia famiglia e ritornare nella mia terra mi dà la carica giusta per poi affrontare il lavoro alla Scala. Sicuramente senza una delle due non sarei felice, e probabilmente non sarei dove sono».
Il suo è anche un racconto degli incontri fondamentali per lo sviluppo della sua carriera, e li ha ricordati sempre con gratitudine. Focalizzandone solo uno, come è stato quello con Roberto Bolle?
«Sì, nel libro ho parlato molto degli incontri perché ce ne sono tanti che hanno inciso sul mio percorso. Quello con Roberto è stato uno di questi. Sin dall’inizio mi ha dato tanta fiducia nel volermi accanto nei suoi spettacoli: in fondo ero una ragazza, sì prima ballerina, ma ancora ventiduenne e con poca esperienza. E io gli sarò sempre grata per questa grandissima opportunità che mi ha dato, e sono veramente felice che dopo anni di collaborazioni si sia instaurato un prezioso rapporto di amicizia. Roberto è una persona fantastica, generosa, umile, prodiga di consigli e con i piedi per terra, proprio come tutti i grandi artisti».
>E dal futuro cosa si aspetta?
«È stato un anno pieno di tantissime emozioni, che non ho ancora avuto il tempo di metabolizzare. In questo momento vorrei perciò assaporare meglio queste grandi gioie che la vita mi ha donato. Il futuro? Dieci anni fa, quando fui promossa prima ballerina della Scala, dissi che quello sarebbe stato il mio punto di partenza. E oggi questa nuova incredibile nomina costituirà un nuovo punto di partenza, e mi auguro che la vita non smetta mai di sorprendermi e di regalarmi la felicità».
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