Xylella, Scortichini: «A 10 mesi dalla prova le piante sono tornate a vegetare»

Due foto della stessa pianta sotto cura
Due foto della stessa pianta sotto cura
di Maria Claudia MINERVA
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Lunedì 11 Aprile 2016, 10:23
Per sapere se la sperimentazione potrà essere in futuro una delle cure per la xylella fastidiosa bisognerà aspettare ancora un altro anno. Ma a dieci mesi dalla prova i sintomi di disseccamento, in tutti gli alberi sottoposti ai trattamenti, si sono notevolmente ridotti, «mentre molti alberi non trattati mostrano notevoli sintomi di disseccamento o sono morti. Nessun albero sottoposto ai trattamenti è morto» dice il professor Marco Scortichini, batteriologo romano del Crea (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura) e componente della task force regionale, illustrando i risultati della sua ricerca.
«L’analisi statistica conferma la significatività delle prove - conferma Scortichini, fiducioso dei risultati della sua ricerca, che utilizza un composto (valido anche in impianti biologici), frutto di brevetto internazionale di origine israeliana, che contiene, in miscela con acido citrico, sia zinco che rame -. Le prove mettono, inoltre, in evidenza come la potatura, che mira ad eliminare solo le parti disseccate fino a qualche decimetro al di sotto del punto più basso del disseccamento, favorisca il contenimento della malattia meglio della non potatura».
Sei i trattamenti effettuati sulla chioma mediante nebulizzazione del prodotto disciolto in acqua, quattro nel corso della primavera e due in autunno e, circa una volta al mese, sono stati effettuati rilievi dettagliati sull’andamento dei sintomi e sullo stato generale della pianta. I dati sono stati elaborati mediante apposita analisi statistica. «La prova ha lo scopo di fornire uno strumento, tra gli altri, in grado di ridurre e contenere la presenza di xylella all’interno degli alberi di olivo - aggiunge il professore -. Nel caso di emergenze fitosanitarie, come quella che attualmente caratterizza l’olivicoltura del Salento, solo una strategia complessiva di contenimento del patogeno è in grado di fronteggiare la diffusione della malattia e la sua riduzione negli oliveti già colpiti. Unitamente al ripristino delle “buone pratiche agronomiche”, al controllo della “sputacchina” e degli agenti patogeni tradizionali dell’olivo, avere a disposizione uno o più prodotti in grado di ridurre sensibilmente la presenza del batterio nella pianta, consentirebbe di “convivere” con la malattia stessa senza compromettere paesaggio, storia, ambiente e produttività della coltura».
La prova in corso è svolta in tre comuni della provincia di Lecce (Galatone, Galatina, Veglie) e prende in considerazione 110 alberi, metà trattati e metà non trattati. «Preventivamente è stata verificata la sua attività battericida in laboratorio nei confronti di xylella fastidiosa (prova effettuata negli Stati Uniti) e la sua capacità di muoversi sistemicamente all’interno dell’olivo, sia mediante endoterapia che con la nebulizzazione - spiega Scortichini -. Si è passati, quindi, a verificare la capacità di contenimento del patogeno in pieno campo, scegliendo oliveti dove era conclamata la presenza del batterio.
Nel corso di quest’anno verranno continuati i rilievi sull’andamento della malattia e si quantificherà l’effettiva riduzione della presenza del patogeno all’interno della pianta a seguito dei trattamenti. «Dopo due anni di prove sarà possibile, quindi, “calibrare” l’efficacia del prodotto in questione - conclude il ricercatore -, conoscendo i tempi e il modo con cui somministrarlo nell’oliveto e la capacità di contenimento del batterio all’interno dell’olivo».
 
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