Xylella, Scortichini: «Una strategia per contrastare la malattia nel suo insieme»

Xylella, Scortichini: «Una strategia per contrastare la malattia nel suo insieme»
di Maria Claudia Minerva
3 Minuti di Lettura
Sabato 23 Gennaio 2016, 10:19 - Ultimo aggiornamento: 10:20

Per bloccare i disseccamenti degli ulivi colpiti dal batterio Xylella fastidiosa sta sperimentando un concime biologico. Marco Scortichini, batteriologo e direttore del Cra-Centro di ricerca per la frutticoltura di Caserta sta portando avanti una ricerca che sta dando risultati incoraggianti ma che per essere certificati come cura ancora hanno bisogno di un altro anno.



Professore, la task force regionale anti-Xylella si riunisce per la seconda volta. Lei era già stato tra i partecipanti del primo incontro, conferma la sua adesione?
«Sì parteciperò, auspicando però che ci siano conseguenze operative nell’immediato, che significa parlare di interventi per approcciare la situazione e cominciare a lavorare».
Crede che situazione di immobilismo conseguita allo stop ai piani Silletti abbia potuto far progredire l’epidemia?
«Il tempo trascorso dalla sospensione del piano è poco, però ci si auspica che dalla task force inizino ad emergere delle proposte concrete perché altrimenti se si continua a non agire la malattia se ne avvantaggia».
Allo stato attuale, cosa si dovrebbe fare?
«Ho già sottolineato diverse volte, e questo è un cardine quanto si affrontano emergenze fitosanitarie come questa, che per prima cosa bisogna ridurre con delle potature i rami e le branche secche. Queste operazioni dovrebbero essere condotte non solo nella zona cuscinetto ma anche, e soprattutto, nell’area infetta, quella del leccese, che non può considerarsi una zona abbandonata, altrimenti sarà un bacino di inoculo molto pericoloso».
Cosa pensa degli abbattimenti imposti dall’Ue perché la Xylella figura tra i patogeni da quarantena?
«Eliminare le piante infette ha un senso solo se si interviene nelle primissime fasi della malattia e su specie erbacee. Quando l'infezione va avanti, invece, per un anno-due o più tempo e coinvolge specie legnose, come in questo caso, allora diventa molto complicato, se non impossibile, pensare di arginare la malattia in questo modo».
C’è una responsabilità della Scienza nel non aver suggerito il miglior approccio?
«Diciamo che sono state sostenute delle tesi che non si sono rivelate ottimali applicate a un contesto olivicolo».
In che senso?
«Nel senso che è mancata una strategia di insieme, una visione comune che prendesse in considerazione anche altre possibilità di contenimento della malattia nonché un approfondimento su altre possibili concause della malattia, come la presenza di funghi».
Ritiene che la cura che sta sperimentando, se fosse dimostrata la sua efficacia, potrebbe rappresentare la soluzione contro la Xylella fastidiosa?
«La cura va intesa come uno strumento tra gli altri, nessuno può pensare di rispondere al batterio solo in un modo. Il prodotto, se andrà bene, potrà servire a contenere il batterio ma non basta. Bisogna mettere in campo una strategia per contrastare la malattia nel suo insieme. Però, ripeto, bisogna passare alle azioni e bisogna agire immediatamente affrontando i diversi aspetti della questione: dal vettore, alle buone pratiche, dai monitoraggi ai prodotti e quant’altro».
Insomma, l’imperativo è di non perdere tempo.
«Assolutamente, spero che la task force possa anche servire a mappare il territorio, per verificare e capire come e dove intervenire. La riunione del settimana prossima servirà a dare un certo ritmo alle cose».
Quanto è concreto il rischio di un’epidemia anche fuori dalla Puglia e dall’Italia, che poi è quello che teme l’Europa?
«La sputacchina è presente anche in altre regioni, se è vero che è il vettore a far propagare la malattia il rischio c’è ed è anche molto alto. Per questo bisogna contenere la malattia, il vettore non è confinato nel Salento. E, poi, non dimentichiamo che la Xylella può colpire anche altre specie coltivate tra le quali il ciliegio o il mandorlo. Al momento non sappiamo che effetti possa produrre e in quali quantità. Per questo la priorità è ridurre l’inoculo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA