La Puglia invecchia e cambiano i volti delle città: «Meno parchi, più Rsa»

La Puglia invecchia e cambiano i volti delle città: «Meno parchi, più Rsa»
di Pierpaolo SPADA
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Giovedì 4 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 07:42

Nel 2024 l’inflazione calerà, restituendo ossigeno a consumi e retribuzioni. Ma sul lungo periodo, sempre più anziana, meno attiva e costosa, senza una profonda inversione di tendenza demografica, la Puglia - “oasi” dei big brand e delle eccellenze locali - sembra destinata a scoraggiare gli investimenti e, con essi, anche la crescita di benessere sociale. A confermare tali previsioni, già ampiamente tracciate nell’arco dell’ultimo decennio da Istat e Svimez, ecco Aforisma School of future e il suo Osservatorio (curato da Davide Stasi) che, proprio sulla base dei dati dell’Istituto di statistica, in occasione della presentazione del “Rapporto annuale” - oggi alle 11.30 a Lecce - propongono una proiezione dell’evoluzione dell’economia territoriale non solo nei prossimi mesi, ma fino al 2038.


Il raffronto con il 1982

Il punto di partenza è rappresentato dallo stato demografico nel 1982. E il primo dato significativo rilevato è l’inversione tra giovani e anziani, con una tendenza che in Puglia risulta addirittura peggiore di quella media nazionale. Se, infatti, nell’82 i minori residenti erano il 32,50%, oggi sono il 15,64% e nel 2038 saranno il 10,82%, gli anziani - che 42 anni fa erano il 9,89% e oggi sono il 21,46% - tra 15 anni rappresenteranno una quota del 25,75% della popolazione totale. E sarà Lecce la provincia con il numero di minori più basso. Uno scenario certamente dipendente dalla curva delle nascite, in calo proporzionale alla riduzione delle donne in età fertile che dall’82 a oggi - pur poco più numerose che nel resto del Paese - in Puglia sono scese sotto il 20 per cento.
«La regione prosegue con il trend calante e si assesta sotto i 4 milioni di residenti, perdendo 22mila cittadini in un anno: è come se fosse scomparsa una città come Gallipoli», sostiene Aforisma.

Che riferisce come questo cambio, senza fatti nuovi, determinerebbe una rivoluzione soprattutto nelle politiche pubbliche. «Servirebbero sempre meno asili, parchi giochi e scuole e più residenze per anziani, strutture sanitarie adeguate e servizi in genere per la terza età. Sarebbe inevitabile un calo del dinamismo che determinano le giovani generazioni e cambierebbero anche i consumi. Verosimilmente, anche meno propensione agli investimenti e più risparmi. Crescerebbero le professioni come l’Operatore socio sanitario e i caregiver. Non trascurabile neanche la pressione determinata sul sistema previdenziale e sanitario».

Meno lavoratori


Meno minori, meno nascite e, dunque, meno lavoratori. È ciò che sta già avvenendo. Con il numero di imprese (-1.963 unità, male l’agricoltura ma non le costruzioni che continuano a crescere grazie al Pnrr) cala, infatti, anche quello degli addetti. L’effetto-ripresa post-pandemia si sta attenuando e la crescita degli addetti sta rallentando. Il caso emblematico è quello del Salento: dal +15,9% tra il 2020 e il 2023 al solo +3,3% dei primi 9 mesi dell’anno appena trascorso. Poco meglio fa la Puglia, che passa da una crescita media annua del 4,5% al +3,8 degli ultimi 9 mesi: «All’orizzonte si profila una situazione di incertezza così grave da aver già provocato un progressivo rallentamento della tanto attesa crescita dell’economia». Secondo Aforisma le misure di sostegno all’occupazione hanno avuto effetti positivi sul mercato del lavoro e sul tendenziale calo della disoccupazione. «Ciò nonostante, questa dinamicità - si osserva - non ha avuto impatto sulle retribuzioni, che sono cresciute meno dell’inflazione», ma nemmeno sulla stabilità dell’occupazione. L’elaborazione della tendenza dei dati Inps evidenzia, infatti, che il saldo positivo è frutto essenzialmente dall’aumento dei contratti a termine, che continuano a lievitare, a fronte del calo di quelli a tempo indeterminato. Cresce dunque l’occupazione precaria. D’altro canto, la crescita del Pil (+1,2% nel primo semestre), nella seconda parte del 2023 si è indebolita a causa del rallentamento dell’industria pugliese dovuta alla congiuntura registratasi a livello globale. Le esportazioni pugliesi sono cresciute per valore ma non per quantità. Sono cresciuti, tuttavia, gli investimenti e calati i depositi.

Gli investimenti

A tal proposito, Aforisma rileva che i pugliesi stanno optando per investimenti in strumenti finanziari più remunerativi, seppur più rischiosi rispetto ai conti correnti. «Nella fase pandemica e post-pandemica sono cresciuti i depositi bancari e i risparmi postali. La maggiore liquidità - recita l’Osservatorio - è stata anche una conseguenza delle misure espansive e dei conseguenti bonus a pioggia elargiti nel periodo di diffusione del nuovo coronavirus. Se prima i pugliesi avevano assunto un atteggiamento fortemente prudenziale con i propri risparmi, lasciando tutto o quasi sul conto corrente, ora si sono visti quasi costretti a comprare prodotti finanziari, con l’obiettivo di ottenere un rendimento maggiore». La conferma arriverebbe dalla forte crescita della raccolta indiretta degli istituti bancari e degli intermediari.

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