La stretta sul Reddito, primi effetti sulla Puglia: 3.400 percettori in meno

La stretta sul Reddito, primi effetti sulla Puglia: 3.400 percettori in meno
di Pierangelo TEMPESTA
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Lunedì 13 Febbraio 2023, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 22:46

Quasi 3.400 famiglie pugliesi escluse dal reddito di cittadinanza in un anno. Le strette dei governi Draghi e Meloni da un lato e i controlli sempre più serrati sui percettori dall’altro, fanno registrare una drastica diminuzione degli accessi alla misura di sostegno alla povertà voluta dal Movimento 5 Stelle nel 2019. Se Mario Draghi aveva ridotto da tre a due le offerte di lavoro rifiutabili prima di perdere il sussidio, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha stretto ancora di più le maglie delle modalità di accesso alla misura di sostegno. Nell’ultima legge di Bilancio, infatti, non solo è stato stabilito che il Reddito sarà definitivamente abolito dal 1° gennaio 2024 (con la promessa dell’attivazione di nuove misure di contrasto alla povertà), ma anche che il beneficio decadrà nel momento in cui si rifiuterà la prima offerta di lavoro. 

Cosa cambia per i percettori

Nel 2023, inoltre, il beneficio sarà riconosciuto per un massimo di sette mensilità (ad eccezione delle famiglie con minorenni, ultrasessantenni o disabili).

Questo vuol dire che i cosiddetti “occupabili” che hanno ottenuto il beneficio a gennaio, lo perderanno ad agosto. La legge di Bilancio prevede anche che per sei mesi i soggetti beneficiari debbano essere inseriti in un percorso di formazione o di riqualificazione professionale, la cui mancata frequenza comporterà l’esclusione dall’aiuto. Per i beneficiari compresi nella fascia di età dai 18 ai 29 anni che non hanno concluso il ciclo di studi obbligatorio, poi, l’erogazione del beneficio sarà subordinata all’iscrizione e alla frequenza di percorsi di istruzione di primo livello. Altra stretta è quella che riguarda i Puc (progetti utili alla collettività): tutti i percettori del reddito dovranno essere impiegati nelle attività, non solo un terzo di essi. La componente del reddito di cittadinanza da utilizzare per il canone di affitto, poi, sarà erogata direttamente al padrone di casa. 

Le famiglie pugliesi escluse dalla misura

Un giro di vite, quello del governo a guida centrodestra, che comporterà un’ulteriore diminuzione del numero di percettori. E non solo per via delle decadenze o delle revoche delle misure, ma anche perché sono già in calo le stesse richieste di accesso. Segno, questo, che probabilmente c’è chi rinuncia in partenza a presentare la domanda. Se nel 2020 i nuclei familiari pugliesi percettori di almeno una mensilità tra reddito e pensione di cittadinanza sono stati 141.560 (per un totale di 342.241 persone coinvolte), nel 2021 si è registrata un’impennata che ha visto volare il numero di nuclei familiari a 157.111 (e di cittadini coinvolti a 362.683). Nel 2022, poi, è iniziata la discesa: le famiglie che hanno avuto accesso al beneficio sono state 153.714 (3.397 in meno rispetto all’anno precedente). I residenti, invece, sono stati 345.508 (17.175 in meno). Non cambia però l’importo medio percepito, che si aggira intorno ai 550 euro mensili. Solo nel mese di dicembre 2022, i nuclei familiari pugliesi che hanno avuto accesso alla pensione o al reddito di cittadinanza sono stati 110.262, per un totale di 241.461 persone coinvolte. Di questi, poco più di 37mila sono famiglie con un solo componente. 
Su scala nazionale, il maggior numero di percettori si registra nel Sud Italia. Nel 2022, le regioni con il tasso di inclusione (il rapporto tra il numero di persone coinvolte e la popolazione residente) più elevato sono state la Campania, la Sicilia e la Calabria. Ma anche la Puglia, con un tasso di inclusione pari a 93, si pone ben al di sopra del valore medio nazionale, che è di 67 persone ogni 1.000 abitanti.

La geografia del reddito per provincia

Nella Bat, ogni 1.000 abitanti, 110 sono stati percettori del beneficio. A seguire, poi, ci sono le province di Taranto (106), Foggia (103), Brindisi (85), Bari e Lecce (84). Cause principali della diminuzione del numero dei percettori sono le revoche e le decadenze, dettate, come si diceva, dalle strette imposte dagli ultimi due governi e dal maggior numero di controlli contro i “furbetti del Reddito”. Tra gennaio e dicembre 2022, in Italia il beneficio è stato revocato a circa 73mila nuclei familiari. I motivi per cui è possibile che il beneficio venga revocato sono molteplici: tra questi il più frequente è l’accertamento della mancanza del requisito di residenza o cittadinanza. Analizzando il dato pugliese, se nel 2021 le revoche sono state poco più di settemila, nel 2022 sono state quasi cinquemila. Ci sono poi i nuclei decaduti dal diritto, che in Italia, lo scorso anno, sono stati 268mila. La causa più frequente, in questo caso, è la variazione dell’Isee, che supera la soglia prevista e che manifesta i suoi effetti principalmente nel mese di febbraio, in occasione della presentazione della nuova dichiarazione sostitutiva unica. Tra i motivi di decadenza ci sono anche i casi di variazione della composizione del nucleo familiare. Se, in Puglia, nel 2021 i nuclei decaduti sono stati 29.500, nel 2022 sono stati esattamente cinquemila in meno. Ma, accanto a decadenze e revoche, a fare abbassare l’asticella, c’è anche il numero di coloro che rinunciano in partenza a presentare l’istanza di accesso al Reddito. Un dato, questo, che ha visto un brusco abbassamento nel 2021, l’anno della prima stretta arrivata dal Governo Draghi. Nella sola Puglia si è passati, infatti, dalle 127mila domande del 2020 alle 98mila domande del 2021. Lo scorso anno le richieste sono tornate quasi ai livelli del 2020: 126mila, circa un migliaio in meno. Le novità introdotte dal governo Meloni contribuiranno a un nuovo calo delle domande e, comunque, a una drastica riduzione della platea di percettori.

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