In Puglia in dieci anni perse 13.253 imprese guidate da giovani

In Puglia in dieci anni perse 13.253 imprese guidate da giovani
di Giuseppe MARTELLA
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Sabato 14 Ottobre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15 Ottobre, 12:35

In dieci anni sono andate perse in Puglia 13.253 imprese giovanili. Il dato allarmante è frutto di un’analisi dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, Centro Studi delle Camere di Commercio: dal 2012 al 2022, infatti, sul territorio pugliese le aziende fondate e registrate da giovani imprenditori under 35 sono passate da 51.499 a 38.246, ovvero un meno 25,7%. Un crollo superiore a quello pure certificato a livello nazionale e pari al 23%. La Puglia si piazza così nelle prime posizioni di una poco gratificante classifica: un ottavo posto all’interno di una “zona rossa” capeggiata da Marche (calo percentuale del 36,6%), Abruzzo (-32,7%) e Molise (-31,6%), cui seguono Toscana, Calabria, Umbria e Sicilia. Del resto neanche le rimanenti regioni non segnano cifre incoraggianti, tutte precedute da un segno meno eccezion fatta per le Province autonome di Trento e Bolzano, che in controtendenza coi restanti territori nazionali segnano rispettivamente +3,2% e addirittura +15,7%.
Nel decennio preso ad esame la popolazione giovanile è diminuita del 9%. Peggio è andata in Puglia dove i residenti compresi tra 18 e 34 anni sono passati da 845.497 a 719.634 con un calo percentuale del 14,9%. E così, restando su una quota di portata nazionale, se nel 2012 ogni 100 giovani erano attive 5,98 imprese under 35, nel 2022 quest’ultima cifra si è contratta sino a un asfittico 5,07. Del resto, grazie alle proiezioni prodotte dall’Istituto Tagliacarne il crinale percorso dall’imprenditoria giovanile pare essere una strada senza ritorno: se la situazione non dovesse cambiare, nel 2050 le aziende capeggiate da imprenditori giovani sarebbero addirittura il 39,5% in meno rispetto al dicembre 2022.

A natalità zero

Tutta e soltanto colpa di un Paese a “natalità zero”? No, a sentire le riflessioni di Luigi Derniolo, presidente di Confartigianato Lecce. «Non è un semplice giro di parole dire che in Italia fare impresa è un’impresa. Un quadro generale molto complicato, solo negli ultimi anni abbiamo fatto i conti con una pandemia, il caro bollette e l’aumento dei prezzi delle materie prime, la guerra in Ucraina e ora il conflitto in Medio Oriente. In una situazione del genere – aggiunge Derniolo – in Puglia gli imprenditori già attivi fanno fatica, i giovani sono bloccati e non rischiano nuove avventure. I numeri registrati sul territorio pugliese sull’imprenditoria under 35, dunque, non sono per nulla una sorpresa». Oggi, per Derniolo, «serve massima oculatezza già nella fase di avvio, bisogna avere conoscenze manageriali, capire se il prodotto può avere impatto o meno sul mercato. È necessario affidarsi dal primo momento a una squadra di esperti, il rischio di fallire nell’impresa è molto elevato».
Ecco dunque che torna essere centrale e fondamentale il momento della formazione. «Il sistema scolastico nazionale e pugliese andrebbe ripensato in modo da dare agli studenti certezze solide e conoscenze utili. È necessario pensare a una scuola che sia attrattiva e capace di aprire i ragazzi all’imprenditoria – dice ancora – forte deve essere la sinergia con le imprese che devono essere al centro dei progetti». Derniolo chiama poi in causa la politica. «Serve una rivoluzione copernicana. Serve una legislazione efficace che spinga i giovani a fare impresa in un momento pure così complesso. Invogliare gli under 35 a restare in Puglia con misure efficaci, abbattendo il costo del lavoro e dotando la regione di quei servizi e infrastrutture, trasporti inclusi, che sono fondamentali per fare impresa. E poi agire per una burocrazia che sia davvero più snella e capace di avvicinarsi a chi vuole aprire un’azienda». Proprio su questo punto il presidente di Confartigianato Lecce insiste: «Chiunque voglia fare impresa in Puglia sa di dovere battagliare con norme nazionali e regionali molto complesse, girovagare tra una miriade di uffici, investendo tempo e denaro. Si parla sempre di uno Stato e di una Regione che vanno incontro al cittadino – la chiosa – ma la realtà è per esempio che nell’era della fatturazione elettronica siamo costretti a tenere anche le 
 

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