Pnrr, ancora da spendere l'89% delle risorse. Nodo personale al Sud

Pnrr, ancora da spendere l'89% delle risorse. Nodo personale al Sud
di Paola ANCORA
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Sabato 24 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 18:37

Da qui alla fine del 2026 l'Italia dovrà spendere 151,418 miliardi, a un ritmo quindi da oltre 50 miliardi all’anno, per realizzare le opere previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Una corsa contro il tempo per il più vasto programma di investimenti dal Dopoguerra a oggi. Un programma che dovrà misurarsi – soprattutto al Sud – con la cronica carenza di personale tecnico e contabile nelle Pubbliche amministrazioni e con l'assenza diffusa dei lavoratori indispensabili per mettere a terra uno sforzo così imponente. La fotografia che emerge dalla quarta relazione semestrale del Governo al Parlamento sulla spesa effettiva del Pnrr al 2023 è questa. Approvata dalla Cabina di regia insieme a Regioni ed Enti locali, la relazione conferma che il contatore della spesa reale realizzata finora si è fermato a 18,9 miliardi di euro. Una cifra che si ottiene sottraendo ai 45,65 miliardi contabilizzati, i 2,652 miliardi relativi agli investimenti usciti dal Piano con la rimodulazione voluta dal Governo Meloni e i 26,74 miliardi assorbiti dai crediti d’imposta per Superbonus, Industria 4.0 e incentivi a ricerca e sviluppo. Per gli investimenti pubblici, quindi, ovvero quelli direttamente nelle mani delle Pubbliche amministrazioni, il pallottoliere del Piano si ferma a 18,9 miliardi, ovvero all’11 per cento di quanto sarebbe dovuto essere.

I dati

L’89% delle spese - e dei relativi progetti - dovrà insomma concentrarsi e concludersi fra quest’anno e i prossimi due per terminare entro il 2026, data di scadenza del Pnrr. «Non penso sia giusto esagerare nell’ottimismo - ha commentato il ministro per il Pnrr, il pugliese Raffaele Fitto, nella conferenza stampa convocata al termine della Cabina di regia - ma proverei a vedere il bicchiere mezzo pieno rispetto ai risultati raggiunti. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è in totale avanzamento, e quella sulla spesa è una stima prudenziale che riteniamo sottodimensionata perché molti enti attuatori non hanno caricato sul programma ReGiS una spesa già effettuata». La piattaforma ReGiS è la piattaforma unica attraverso cui le Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, gli Enti Locali e i soggetti attuatori, possono compiere tutta una serie di operazioni per rispettare gli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure e dei progetti finanziati dal Pnrr.
Una revisione di ReGiS è attesa con il nuovo decreto sul Pnrr, al quale Fitto lavora da settimane e che potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri forse già lunedì o comunque nei primi giorni della prossima settimana. Ma lo stesso ministro vorrebbe prima avere il tempo di convocare nuovamente la Cabina di regia per fare il punto sulle fasi successive di avanzamento del Piano: «Abbiamo superato la fase della progettazione e le gare - ha detto Fitto - e ora siamo di fatto nella realizzazione di tutti gli interventi». Dunque accelerare, monitorare, mettere a punto è d’obbligo. Tanto più che finora ogni previsione del passato è stata smentita nei fatti. Secondo il Documento di economia e finanza del 2021, infatti, alla fine del 2023 la spesa accertata dei fondi Pnrr avrebbe dovuto attestarsi a 85,9 miliardi. Un anno dopo, nel 2022, l’allora Governo Draghi aveva rivisto la previsione di spesa a 77 miliardi, ridotti poi a 61,4 nella Nota di aggiornamento al Def successiva. Nella relazione diffusa nei giorni scorsi, infine, la spesa registrata e relativa agli investimenti del Pnrr già avviati è scesa ancora di circa 16 miliardi. Soltanto nel 2023, si spiega nella relazione, «la spesa effettuata è stata di 21,1 miliardi, valore di poco inferiore a quanto registrato cumulativamente nel biennio 2021-2022». Ma le stime degli anni passati attribuivano al 2023 obiettivi di uscite oscillanti fra i 38,7 e i 43,3 miliardi. Il risultato è che, al netto delle mancate registrazioni della spesa sulla piattaforma ReGiS, fino al 2026 dovranno essere spesi più di 151 miliardi. Un tesoro che vale quanto sei Finanziarie, di media. E bisognerà farlo con gli uffici dei Comuni e degli Enti locali sprovvisti di personale - Anci ha infatti certificato che non saranno possibili le nuove, necessarie assunzioni prima del 2026 - e senza il capitale umano indispensabile per aprire i cantieri e concluderli nei tempi previsti dal serrato cronoprogramma del Piano. 
Si vedrà quali misure e strategie il ministro Fitto e il Governo vorranno mettere in campo per rispettare gli obiettivi concordati con l’Europa e ridisegnare servizi e infrastruttre del Paese, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. 

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