Rinnovabili, dalla tutela degli uccelli migratori al corto circuito tra enti: così si bloccano i lavori

Alcune procedure rallentate da cause che l’associazione bolla come «bizzarre»

Rinnovabili, dalla tutela degli uccelli migratori al corto circuito tra enti: così si bloccano i lavori
di Alessio PIGNATELLI
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Venerdì 24 Marzo 2023, 05:00

Not in my back yard, ossia non nel mio cortile. È l’acronimo di Nimby, termine con il quale viene definita quella forma di protesta di un gruppo di persone che vede minacciata la sicurezza della propria area da insediamenti industriali. Legambiente la bolla come sindrome che affligge diverse comunità locali che in questi anni hanno osteggiato diverse opere rinnovabili.

A partire dal progetto Odra Energia che prevede un impianto offshore con 90 turbine galleggianti da 1,3 gigawatt di energia pulita, a circa 13 chilometri dalla costa adriatica tra Porto Badisco e Santa Maria di Leuca, ostracizzato per impatto paesaggistico.

Per Odra Energia le società - Falck Renewables e BlueFloat Energy - hanno dichiarato a fine 2021 di voler allontanare le pale dalla costa, posizionandole ad una distanza minima di 12,8 chilometri, aumentata del 30 per cento rispetto a quanto previsto inizialmente. Un arretramento proprio per venire incontro alle richieste del territorio ma si attendono ancora gli sviluppi.

Il caso Brindisi

Legambiente cita poi il caso del Sin (Sito di interesse nazionale) di Brindisi dove è stato proposto un parco fotovoltaico da 300 megawatt che potrebbe rappresentare un esempio di utile recupero di aree inquinate e non bonificabili. Il fotovoltaico in progetto dovrebbe essere costruito lungo i terreni adiacenti al nastro trasportatore utilizzato per far arrivare il carbone dal porto della città alla centrale di Cerano. «La sua realizzazione, però, esiste solo sulla carta - si legge nel rapporto dell’associazione - Dal 2007 il ministero dell’Ambiente ha prescritto un’analisi dei rischi mai eseguita e che a fronte di caratterizzazioni sulle matrici ambientali in significativa crescita, le bonifiche non raggiungono il 10%: in queste condizioni l’Arpa non può esprimere pareri e si arriva al paradosso che, pur in presenza di formale impegno di società interessate ad accollarsi bonifiche, progetti che a volte sono inseriti nel Pnrr vengono bloccati o bocciati». 

A questi, si aggiunge una nutrita lista di progetti bloccati durante l’iter regionale su cui si è dovuto esprimere il consiglio dei ministri al fine di sbloccarli. Ma che restano nel limbo poiché, tornati alla Regione, non c’è stato il definitivo via libera. Quest’ultimo non è vincolante ma, per scansare guerre a colpi di carte bollate e ricorsi, sono le stesse aziende a preferire l’attesa. Per la Puglia, parliamo di 15 progetti di eolico on-shore per un totale di oltre 630 megawatt di potenza installabile. Fra questi, c’è “Mondonuovo”, nel Comune di Mesagne in provincia di Brindisi con potenza di 54 megawatt che ha ricevuto pareri negativi dalla giunta regionale e dal Mibact. Molti nel Foggiano, tra cui “Valleverde”, a Bovino, con potenza di 31,35 megawatt che ha ricevuto pareri negativi dalla giunta regionale e dal comune. Nel Brindisino c’è il progetto “San Pancrazio Torrevecchia” a San Pancrazio Salentino: 34,5 megawatt di potenza, con pareri negativi di giunta regionale e Mibact. «Nonostante lo sblocco del parere Via da parte del consiglio dei ministri - osserva Legambiente - i progetti, tornando in Regione per l’Autorizzazione Unica, si arenano nuovamente in quanto si ritarda l’avvio delle conferenze di servizi utili per prenderne atto. Dopo un anno dall’intervento governativo sono ancora fermi alla burocrazia regionale».

Gli uccelli migratori e i colori delle pale

Nel rapporto viene poi citato un aneddoto curioso. Il caso in questione è il Beleolico, primo parco eolico del Mediterraneo, inaugurato nell’aprile del 2022 a Taranto. Il parco ha avuto un tortuoso iter autorizzativo di ben 14 anni, mentre sono bastati poco più di 10 mesi a Renexia per costruirlo e metterlo in funzione. «Dopo aver ottenuto l’autorizzazione unica - racconta l’associazione - al momento di avviare le attività di cantiere, con la componentistica già stoccata nei porti, è arrivata l’ultima prescrizione. Una circolare che richiedeva la colorazione nera delle pale, perché l’effetto ottico generato dalla loro rotazione avrebbe evitato la collisione degli uccelli migratori, pur in assenza di studi scientifici, basati su dati empirici, che dimostrino la possibilità di simili incidenti. Questo dopo che l’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) aveva già imposto in fase di conferenza dei servizi l’apposizione di linee rosse, come richiesto dalle circolari e direttive di settore. E che anche la Soprintendenza aveva richiesto di colorare le pale di grigio perché ritenuto un colore più armonico con l’ambiente circostante caratterizzato, oltre che dal mare, da un sito industriale di grandi dimensioni». E alla fine? Un compromesso cromatico che la dice lunga sull’elefantiaca burocrazia: si è deciso di ottemperare comunque a tutte le prescrizioni, anche se discordanti, disponendo per alcune pale la colorazione nera, per altre preferendo il grigio e apponendo su altre le linee rosse.

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