Fisica e matematica già dall'asilo? La proposta di Parisi accolta da Schettini, "il prof che ci piace". «Sarebbe un successo»

Fisica e matematica già dall'asilo? La proposta di Parisi accolta da Schettini, "il prof che ci piace". «Sarebbe un successo»
di Rita DE BERNART
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Giovedì 12 Gennaio 2023, 12:38 - Ultimo aggiornamento: 12:42

Insegnare matematica e fisica a partire dalla scuola materna: la proposta che arriva dal professor Giorgio Parisi, Nobel 2021 e componente del gruppo di lavoro istituito dal ministro della Pubblica istruzione e del merito Giuseppe Valditara insieme all'Accademia dei Lincei, ha destato interesse e stupore. È possibile spiegare e far comprendere questa materia, spesso definita oscura, anche a bambini dai 3 ai 5 anni? Sì, se l'approccio è quello esperienziale e concreto che, più che ai principi e alle leggi, avvicina alla pratica e alla concretezza delle piccole grandi azioni di ogni giorno. Imparare giocando e sperimentando: proprio il metodo che da qualche anno utilizza anche il professore Vincenzo Schettini, divenuto un influencer della fisica e idolo di migliaia di ragazzini (e che oggi, tra l'altro, sarà ospite del Liceo di Cisternino). Schettini è entusiasta di questa ipotesi: «Occorre recuperare la componente ludica della scienza dice per far crescere giovani curiosi e dalla mente aperta».

Professore Schettini, il premio Nobel Parisi ha avanzato la proposta di inserire l'insegnamento della fisica già a partire dall'asilo. Cosa ne pensa?
«Sono emozionato e sorpreso da questa notizia.

E, in base alla mia esperienza, penso che potrà essere un successo. Da quando è stato pubblicato il mio libro e vado in giro per le presentazioni nelle librerie mi sono reso conto che buona parte delle persone che si presentano al firmacopie con grande entusiasmo sono proprio i bambini dai 7 ai 10 anni. Sono tanti, non me lo aspettavo e mi sono chiesto il perché. Certo qui parliamo di 3-4 anni in più rispetto alla fascia della scuola materna ma sono convinto che è possibile generare attenzione e interesse».

In che modo? Quale ritiene potrà essere l'approccio giusto?
«La fisica, la scienza in genere, è stupore. I bambini guardano in modo diverso ciò che faccio perché mettiamo in pratica degli esperimenti fatti con materie prime molto comuni e addirittura povere. Io stesso non dimenticherò mai un esperimento fatto in classe dalla mia maestra che mi ha fatto comprendere in modo indelebile la trasformazione dell'acqua dallo stato liquido a gassoso. La fisica che passa attraverso il gioco è accessibile a tutti, può stupire e soprattutto infondere un senso di sicurezza in modo da non arrivare alle superiori completamente estranei e, dunque, spaventati dalla materia. Insomma occorre recuperare la parte ludica della scienza, che oggi manca del tutto, e che è forse quella più entusiasmante e determinante per la comprensione».

Per fare questo occorre, come ha sottolineato anche il professor Parisi, fare formazione ai docenti. Un aspetto peraltro del quale lei già si occupa.
«Sì, la formazione è fondamentale, per cambiare metodo bisogna cambiare mentalità ma devo dire che c'è già grande interesse. Molti docenti hanno iniziato da soli: seguono video online, chiedono consigli, cercano di sperimentare a loro volta nuove forme di insegnamento più coinvolgenti. E peraltro chi lavora negli asili è già spesso personale aperto alla novità e alla creatività; gli operatori della scuola materna potrebbero ad esempio far passare il racconto dell'esperimento a mo' di fiaba, non sono tanto importanti i principi ma far predisporre all'apprendimento e alla comprensione».

Quanto è importante studiare le materie scientifiche?
«La fisica è in ogni cosa che facciamo, dal semplice camminare e stare in piedi. Governa ogni cosa della nostra vita. Comprendere le materie scientifiche è importante perché apre la mente al mondo, ma bisogna far capire che non è astratta, anzi è mani in pasta. Riuscire a far appassionare a queste materie vuol dire far crescere ragazzi curiosi e poi non trascuriamo la prospettiva economica che ruota intorno a questo mondo: nel futuro ci sarà bisogno di molte figure specializzate soprattutto nel campo dell'energia, della tecnologia».

Cosa pensa della mamma finlandese che è scappata dalla scuola siciliana? Esiste davvero un gap così ampio?
«Ritengo che sia una rondine che non fa primavera. Se parliamo di ambiente scolastico, di approccio, di spazi e attrezzature è chiaro che ci si possa trovare spaesati, sono due realtà agli antipodi. Ma ciò non vuol dire che la scuola italiana sia scadente; il personale docente soprattutto si è messo in gioco, lo abbiamo visto con la pandemia, e può andare a testa alta. Si lavora tanto, abbiamo delle eccellenze, sicuramente c'è tanto da migliorare a partire dagli edifici ma non si può affatto definire un sistema fallimentare».
 

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