Elezioni europee, da Meloni-Schlein a Fitto e a Decaro: i duelli e l'incognita Sud

I partiti scaldano ormai i motori verso la tornata elettorale per Bruxelles che si annuncia di importanza strategica, per l’Ue e per gli equilibri interni. Valutazioni in corso sulla discesa in campo di leader nazionali e ministri

Elly Schlein e Giorgia Meloni
Elly Schlein e Giorgia Meloni
di Francesco G. GIOFFREDI
6 Minuti di Lettura
Martedì 2 Gennaio 2024, 10:43 - Ultimo aggiornamento: 11:04

Lotte prima degli esami. Partiti, coalizioni e leader: il fischio d'inizio del 2024 risveglia gli appetiti elettorali e apre ufficialmente la stagione della caccia e della lotta corpo a corpo per raccattare candidature, spazi, voti. A giugno sono in calendario le elezioni europee, un esame di portata potenzialmente epocale, che può approfondire o ridisegnare radicalmente linee di demarcazione e assetti europei. Un punto di svolta per i destini di un intero continente oltre che dello stesso governo italiano di centrodestra, tra sottili equilibri, complesse alchimie, spigolosità interne e corsa dei singoli partiti a massimizzare i consensi in vista della scadenza elettorale. Ma il voto può pure essere un ipotetico nuovo inizio per il campo largo di centrosinistra, che stenta a decollare oltre le semplici etichette e oltre la sola opposizione al governo Meloni.

Insomma: la fase sa di svolte, spallate, cambi di direzione e le Europee potrebbero suggerire a un po’ tutti i partiti di schierare sulla prima linea i leader, i big, i volti in grado di polarizzare lo scontro e di trascinare gli infiacchiti elettori alle urne. Giorgia Meloni, per esempio: tra Palazzo Chigi e Fratelli d'Italia sono in corso le valutazioni sulla candidatura della premier a capolista in tutte le cinque circoscrizioni. O Elly Schlein: la controffensiva Pd potrebbe prevedere stessa sorte per la segretaria nazionale dei dem, e così a mossa della regina seguirebbe altrettanto dal capo opposto della scacchiera, proponendo per la prima volta l’incrocio storico tra le due donne leader. Oppure i ministri, da piazzare – soprattutto se non scendesse in campo direttamente la premier – nelle liste FdI per rastrellare voti nel lungo e nel largo delle sconfinate circoscrizioni interregionali: è il caso di Raffaele Fitto, e il ministro plenipotenziario (deleghe ad Affari regionali, Pnrr, Coesione territoriale e mani su numerosi dossier nevralgici a cavallo tra Roma e Bruxelles) potrebbe sfruttare la contesa elettorale come trampolino di lancio verso il ruolo di Commissario europeo. O, ancora, ci sono i big a forte radicamento territoriale e ad ampio bacino elettorale che già scaldano i muscoli per il salto: Antonio Decaro, sindaco di Bari al secondo mandato in scadenza e presidente nazionale Anci, sarà una delle teste d'ariete del Pd al Sud, e già sta rafforzando la rete elettorale fuori dalla Puglia. Ma tanto i dem quanto FdI e Forza Italia potrebbero reclutare schiere di amministratori locali per macinare preferenze e dare linfa alle liste. Al Sud più che mai, anche perché l’impatto dell’astensionismo nelle regioni meridionali è sempre più marcato, e le Europee sono elezioni che scaldano i cuori meno di altre. Non solo: la circoscrizione dell’Italia meridionale (Puglia, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise) è un’incognita anche per le sensibili oscillazioni di consenso delle forze politiche rispetto alla media nazionale, e i casi (opposti) di Lega e M5s sono emblematici.

Nomi, incastri, soluzioni e scenari che galleggiano tra opportunità e controindicazioni. Le Europee sono un terreno parecchio scivoloso, per tante ragioni. Primo: si vota col proporzionale puro, niente coalizioni e tutti contro tutti, e dunque pronunciata tendenza a marcare le differenze (paradossalmente) soprattutto con gli alleati di sempre o di quasi sempre. Il che aiuta pure a interpretare correttamente le tensioni più che latenti e le “forzature” nel centrodestra o i distinguo tra Pd e M5s nel centrosinistra (il caso Mes, da una parte e dall'altra, vi dice nulla?).

Secondo: alle Europee è previsto il voto di preferenza, ogni elettore al Sud può esprimerne fino a tre con alternanza di genere, purché siano tutti candidati nella stessa lista. Terzo: le macro-circoscrizioni obbligano a recuperare voti anche in aree molto lontane dal proprio abituale contesto elettorale.

Le scelte in FdI e la carta Meloni

Meloni sì o no? Per FdI è tutto qui. La risposta parrebbe scontata - la premier è un “marchio” ancora dal fortissimo appeal sull’elettorato - ma attenzione: rischierebbe di svuotare di preferenze e dunque di indispettire gli alleati di governo, soprattutto la Lega che al Sud è data dai sondaggi in calo verticale (secondo Ipsos, è poco oltre il 5%). Meloni candidata sarebbe insomma per FdI un plus formidabile verso il 30%, ma anche una dichiarazione di guerra formulata a tutti. Discussioni in corso. L’altra strada porta dritta ai colonnelli di governo, i ministri FdI a maggior ramificazione elettorale: il già citato Fitto, l’uomo di “risorse e progetti”, o anche Francesco Lollobrigida, titolare dell’Agricoltura, nella circoscrizione Centro. Il ministro salentino potrebbe poi essere indicato da Meloni come Commissario europeo, qualora i Conservatori dovessero entrare in una maggioranza tutta ancora da perimetrare. Un profilo “rassicurante” anche per i potenziali alleati, a cominciare prima di tutto dal Ppe. Fitto s’è già cimentato con le Europee, eletto tre volte: nel 1999 e nel 2014 con Forza Italia, e nel 2019 in FdI (dopo il patto federativo di Direzione Italia col partito di Meloni). Nell’ultima legislatura europea, e fino alla corsa alle Politiche di un anno fa, è stato co-presidente dei Conservatori e riformisti. E, proprio tra i corridoi di Bruxelles e sfruttando il vecchio approccio democristiano, è stato negli ultimi anni un utile passepartout per Meloni nelle diffidenti stanze europee. Il punto è che fare a meno di Fitto a Roma non è semplicissimo per la premier: anche qui, riflessioni in corso. FdI potrebbe ricandidare l’uscente pugliese Chiara Maria Gemma, e sembra sempre più vicino alla corsa europea Michele Picaro: consigliere regionale, coordinatore provinciale a Bari, nome in quota Marcello Gemmato (sottosegretario e meloniano di ferro), dubbi perlopiù sulla necessità di focalizzarsi - dato il ruolo - sulle comunali baresi. Anche in Forza Italia resiste il dubbio sulla candidatura del leader Antonio Tajani, di sicuro il partito arruolerà amministratori e dirigenti locali come conferma il deputato e coordinatore pugliese Mauro D’Attis.

Le contromosse del Pd

Nel nome del Pnrr, Fitto e Decaro hanno battagliato in punta di fioretto e sempre all’insegna del fairplay più volte. Ora lo stesso copione potrebbe andare in scena per le Europee, probabilmente con toni ben più accesi. Decaro è ormai virtualmente in campagna elettorale e farà leva sul network dei sindaci: in attesa di schiarite per le Regionali 2025 non può restare troppo in panchina e ai margini. Correrà nuovamente Pina Picierno nel Pd, ma il presidente Anci e la vicepresidente dell’Europarlamento non basteranno, i dem hanno fissato l’obiettivo al 20% e al Sud la soglia è apprezzabilmente lontana: al netto della suggestione Schlein, ci saranno nella lista innesti di peso dai territori. Anche perché il Pd deve rintuzzare l’assedio del M5s: i cinque stelle sono il solito rebus, la forchetta della possibile performance è amplissima, il Sud sarà il principale granaio di voti, e Giuseppe Conte sfoglia la rosa di nomi. Resta, in giro qui e lì, da capire cosa faranno le altre forze - Sinistra italiana, Azione, Italia viva - e dove e come contribuirà il fluido magma dei civici pugliesi sempre in cerca di un tetto. Ma la sensazione di una battaglia spartiacque coagulata attorno ai leader e front runner, è sempre più netta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA