I divari di genere continuano a caratterizzare il nostro Paese.
Con un tasso di occupazione femminile pari a circa il 49% nel 2022 (popolazione 15-64 anni) l’Italia è con la Grecia il paese con minore occupazione femminile in Europa. Una situazione ormai stabile da decenni. La bassa occupazione femminile si accompagna a un basso tasso di fecondità: solo 1,24 figli per donna nel 2022. Le donne italiane lavorano poco e fanno anche pochi figli, meno di quelle del resto d’Europa. Una situazione allarmante, non solo per le pari opportunità ma anche perché occupazione femminile e fecondità sono motori potenti di crescita economica e sviluppo. L’Istituto Europeo per la Parità di Gender (EIGE) ha stimato che i guadagni di PIL in Italia derivanti da una maggiore occupazione femminile entro il 2050 potrebbero essere pari al 12%. Anche grazie a questi dati, l’attenzione sul tema dei divari di genere e su come ridurli è aumentata. Il tema è al centro del dibattito.
I DIVARI
Le donne italiane sono più istruite degli uomini: in tutto il paese la percentuale di laureate supera da anni quella dei laureati. Segnale positivo, che potrebbe portare a pensare che i divari di genere siano un fenomeno generazionale persistente nelle generazioni più anziane e poco rilevante tra i giovani. Purtroppo non è così: anche se il tasso di occupazione femminile tra i più giovani è superiore a quello dell’intera popolazione, i divari sono presenti a tutte le età. In particolare, le generazioni più giovani – uomini e donne - pagano una maggiore fragilità sul mercato del lavoro, difficoltà di accesso, retribuzioni più basse. Il gap generazionale sommato a quello di genere crea una situazione di difficoltà e un quadro di futuro incerto per le giovani donne, con conseguenze negative anche sulla decisione di avere figli. Il quadro generale per i giovani di oggi è decisamente peggiore di quello sperimentato dalla generazione degli attuali 50-60enni. Una situazione complicata sul mercato del lavoro, caratterizzata da disoccupazione« elevata e riduzione dei lavori nel settore pubblico, limitata crescita economica (che si traduce in crescita dei salari), alto debito pubblico, aliquote contributive elevate creano un futuro incerto per i giovani di oggi e prospettive poco rosee.
*Prorettrice per la Diversità, Inclusione e Sostenibilità e professoressa ordinaria di Scienza delle finanze all’Università Bocconi