Maxi-truffa all’Inps: 30 condanne. Giro di false assunzioni nel calzaturiero per intascare le indennità: 2 milioni di euro

Maxi-truffa all’Inps: 30 condanne. Giro di false assunzioni nel calzaturiero per intascare le indennità: 2 milioni di euro
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Sabato 21 Novembre 2015, 09:04 - Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 14:52
Misero in piedi una truffa all’Inps da quasi due milioni di euro. Adesso, a distanza di sette anni da quegli arresti, la giustizia presenta il conto. Ed è un conto pesante: complessivamente oltre 77 anni di carcere inflitti a 30 persone; undici le assoluzioni; sei le dichiarazioni di non doversi procedere emesse dal giudice Stefano Sernia. Un epilogo tutt’altro che scontato per un’inchiesta tra le più complesse condotte dalla Guardia di finanza di Lecce. La battezzarono operazione “Caronte”: all’alba del 4 febbraio 2009 furono arrestate 48 persone.



Un terremoto che coinvolse uno studio di consulenza del lavoro di Casarano, due funzionari dell’Inps, imprenditori del calzaturiero, 70 falsi lavoratori e un sindacalista. Una truffa, quella scoperta dalle Fiamme gialle, finalizzata a intascare le indennità di mobilità, di disoccupazione, di malattia e di maternità. Il tutto facendo risultare sulla carta assunzioni e licenziamenti di lavoratori che nella realtà erano fasulli. La sentenza ha sostanzialmente confermato l’impostazione data alla vicenda dalla Procura di Lecce, con le indagini condotte dal pubblico ministero Marco D’Agostino prima e dal procuratore aggiunto Ennio Cillo poi, fino alla requisitoria di quest’ultimo esposta nel corso dell’udienza dell’11 maggio scorso.



Il raggiro sarebbe andato avanti per anni, e in alcuni casi i falsi lavoratori erano all’oscuro di tutto. A questo filone se ne aggiunge un altro, quello cioè che ha permesso a decine di extracomunitari di ottere il permesso di soggiorno attraverso finti contratti di lavoro. Stando alle indagini, lo studio di consulenza avrebbe incassato tra i 1.500 e i 2mila euro per ogni pratica andata a buon fine. I reati contestati, a vario titolo, agli imputati, sono quelli di associazione per delinquere, truffa aggravata, falso, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, istigazione alla corruzione e rivelazione del segreto d’ufficio.



Tutto ebbe inizio con un controllo in due imprese del calzaturiero, le cui pratiche di lavoro erano state affidate a uno studio di consulenza del lavoro di Casarano. Per verificare alcune anomalie sui contributi Inps riscossi fu disposta una serie di acquisizioni di documenti, intercettazioni telefoniche e ambientali, con microspie piazzate all’interno dello studio ma anche nelle auto degli indagati. Una mole di lavoro enorme, per i finanzieri della compagnia di Gallipoli, che esterso i controlli contabili anche a banche e finanziarie, per controllare flussi di denaro ritenuti sospetti. I militari si recarono anche nelle aziende che erano indicate come luoghi di lavoro di quelli che sospettavano essere i falsi assunti. Parlando con i dipendenti, scoprirono effettivamente che nessuna di quelle persone aveva mai messo piede in azienda. Un tassello importante alle indagini, che sono state poi supportate da una montagna di riscontri documentali.



Una vicenda che ha visto porre un primo punto fermo a distanza di quasi sette anni. Non è escluso che molti degli imputati condannati, adesso, cerchino una seconda chance in appello. Il collegio difensivo era composto, tra gli altri, dagli avvocati Roberto Pascariello, Anna Grazia Maraschio, Diego Cirsternino, Tommaso Stefanizzo, Giovanni Bellisario, Walter Gravante, Vincenzo Venneri, Simone Viva, Luca Puce, Dimitry Conte, Donato Mellone, Andrea Sambati, Francesco Vergine, Luigi Corvaglia e Alessandro Dell’Atti.
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