La mamma arrestata e la sensibilità del poliziotto verso il suo bimbo davanti al presepe. Il racconto che commuove

La mamma arrestata e la sensibilità del poliziotto verso il suo bimbo davanti al presepe. Il racconto che commuove
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Sabato 24 Dicembre 2022, 11:39 - Ultimo aggiornamento: 25 Dicembre, 11:32

«Non ho venduto l’anima al diavolo, pur facendo l’avvocato, e sono in buona compagnia. Questa è una storia da raccontare. C’è chi commette dei crimini, chi difende chi li ha commessi, c’è chi li accerta, chi li giudica, c’è chi li racconta, come fa un giornalista sensibile a cui scrivo ed affido questo mia riflessione». È la riflessione dell'avvocato penalista Biagio Palamà sul suo vissuto di difensore di una donna finita in carcere per fatti commessi 12 anni fa nel Salento ma sopratutto sull'umanità trasudata dalla divisa di uno dei poliziotti che hanno eseguito il provvedimento.

Fatti nel 2010, vita cambiata

«Ho vissuto gli ultimi tre mesi con il costante pensiero di dover vivere quello che poi si è verificato la mattina del 29 novembre 2022 alle prime luci dell’alba. Le sentenze di condanna si rispettano e si eseguono. Così è stato per una ragazza, oggi trentaquattrenne, per fatti commessi dodici anni fa circa, quando aveva da poco compiuto 23 anni. La giustizia, si sa, è lenta, come in questo caso, e a volte capita che chi deve pagare le conseguenze dei suoi reati, dopo così tanto tempo, sia una persona diversa, conduca una vita serena, abbia un lavoro, abbia un figlio di tre anni, sia una donna e una madre matura e responsabile. Ma la legge è legge».

Bimbo di 3 anni

Il ricordo è preciso e circostanziato. «Quella mattina pioveva e fui svegliato dallo squillo del telefono. Era arrivato il momento che aspettavamo e sarebbe stato uno strazio viverlo perché quel bambino di appena 3 anni da cui la giovane donna avrebbe dovuto separarsi aveva già occupato i miei pensieri ed era stato al centro delle mie preoccupazioni. Anche gli avvocati hanno un’anima. Quando arrivai sul posto gli ufficiali di polizia giudiziaria della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) stavano già procedendo a compilare i verbali di notifica ed esecuzione dell’ordine di carcerazione. Il clima era sereno anche se la mamma della signora piangeva in maniera composta e con grande dignità preparava la valigia alla figlia evidentemente provata e preoccupata di doversi allontanare dal figlio con cui aveva vissuto in simbiosi, dopo la fine della relazione con il compagno, scomparso definitivamente dalla sua vita e da quella del figlio. La vita è anche questa».

Empatia poliziotto-bambino

In circostanze drammatiche per la vita di quella donna e dei suoi familiari, un barlume di luce di umanità nel comportamento di un sottufficiale. «Avevo notato, fin da subito, che un sottoufficiale, in particolare, stava giocando con il piccolo Luca (il nome non è il suo) ignaro di quanto stava accadendogli intorno. Lo faceva con una delicatezza e con una dedizione che ho passato tutto il tempo a godermi quella scena meravigliato e stupito per l’empatia che si era creata tra i due.

Il piccolo mi aveva salutato mandandomi un bacio con la mano ma subito dopo aveva ripreso a dialogare con quel giovane poliziotto che lo assecondava, fantasticando sui personaggi del presepe». 

La separazione madre-figlio e lo strazio

Lo strazio comunque, la separazione fra madre e figlio. «Poi è arrivato il momento, quello del saluto tra la madre e il figlio. Uno strazio. Mi sono commosso ed incrociando lo sguardo del giovane poliziotto, ammutolitosi, all’unisono abbiamo cancellato dal viso una lacrima. Gli agenti hanno accompagnato, fin sotto al portone di casa, la giovane mamma, senza le manette. Non dimenticherò mai quella carezza della madre delicatamente passata sulla guancia destra del viso angelico del figlio, avvinghiato alla sua gamba. Eravamo tutti e dico tutti travolti dall’emozione ma il bacio del piccolo al poliziotto che lo aveva intrattenuto tutto il tempo, mi ha definitivamente spezzato il cuore. Ho promesso, alla giovane signora, che avrei vigilato sulle sorti del figlio e in tal seno si raccomandò lo stesso sottoufficiale a cui strinsi la mano, con vigore, in segno di condivisione degli intenti, senza null’altro aggiungere».

La telefonata: «Voglio fargli gli auguri»

Sembrava fosse finità lì ed invece la sorpresa: «Ho incontrato, mercoledì scorso, la signora al carcere così come faccio tutte le settimane dal giorno del suo ingresso nell’istituto penitenziario per non farle avvertire il profondo senso di solitudine ed impotenza che posso solo immaginare l’abbia travolta e devastata. Gli avvocati fanno anche questo. Questa storia, come ho già detto, va raccontata. Ieri avevo da poco sentito la madre della signora per chiederle del bambino quando, intorno alle 10 circa, ricevo una gradita e inaspettata telefonata. Era quel giovane sottoufficiale che quel 29 novembre aveva svolto, con professionalità il suo dovere, eseguendo l’ordine di carcerazione nei confronti della mia assistita. Dall’altra parte del telefono aveva modo di presentarsi dicendo: “Buongiorno avvocato ci siamo conosciuti il giorno dell’arresto della signora, vorrei chiederle la cortesia di chiamare la mamma della sua cliente perché io, unitamente ai miei colleghi, vorremo andare a porgere gli auguri al piccolo Luca” . Ho percepito, dal tono della voce, che il poliziotto era particolarmente emozionato come lo sono ancora io che, mentre scrivo, non posso fare a meno di pensare quanto possa essere crudele la vita. So che l’incontro c’è stato ed è stato meraviglioso».

Perchè raccontarla

Infine una riflessione sulle di avere volutoi rendere pubblica questa stioria. «Affido a te, mio caro amico e sensibile giornalista, questo racconto perché, come ti ho anticipato al telefono, nulla nella vita ha senso se non si provano emozioni e non si ha il coraggio di manifestarle. Non ho venduto l’anima al diavolo, pur facendo l’avvocato, e sono in buona compagnia».

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