Centrosinistra alle primarie, Stefàno: «Mai data disponibilità a candidarmi. Salvemini? Chiuso a riccio»

Centrosinistra alle primarie, Stefàno: «Mai data disponibilità a candidarmi. Salvemini? Chiuso a riccio»
di Paola COLACI
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Domenica 17 Settembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Settembre, 11:17

L’analisi del già senatore e leader de La Puglia in Più, Dario Stefàno rispetto al percorso politico del sindaco uscente Carlo Salvemini e del centrosinistra: dalla “scommessa” sull’attuale primo cittadino  nel 2017 alla “fuga in avanti” per la ricandidatura, passando per le primarie, le scelte del Pd e la tenuta della coalizione.

Dario Stefàno, già senatore e leader de La Puglia in Più, il suo movimento dallo scorso giugno siede al tavolo del centrosinistra per Lecce 2024 e in più di una occasione è stato critico. Qual è il suo giudizio rispetto al lavoro di sintesi degli alleati?
«Più che un giudizio esprimo una preoccupazione: la tenuta della coalizione e la possibilità di una sua prosecuzione al governo della Città. Ma anche il rammarico perché ci sarebbe stato tutto il tempo per fare le cose bene e per non ritrovarci in questa situazione precipitosa che rischia di penalizzare entusiasmi, mortificare energie e, soprattutto, di scontrarsi con un’opinione pubblica cittadina un po’ critica, che avrebbe voluto capire meglio le scelte compiute e, forse, si aspetta ancora una operazione verità. In questo senso, ci ha sorpreso che proprio un profilo come Carlo Salvemini abbia sottovalutato il valore e l’opportunità del confronto pubblico per entrare nel merito delle questioni e per motivare meglio le scelte».


Confronto acceso al tavolo tra partiti e movimenti, malumori tra le fila della maggioranza a Palazzo Carafa e sul banco degli imputati il sindaco uscente Carlo Salvemini, accusato di scarsa condivisione politica e amministrativa.
«Quando si ha un ruolo istituzionale e, ancor più, quando si interpreta un’attività di governo si è sempre esposti ad una verifica in itinere, credo sia legittimo chiederla ma anche doveroso accettarla. E questo vale per il sindaco, ma anche per l’intera maggioranza. Pertanto, la richiesta di confronto, non dovrebbe essere vissuta come un’azione censoria, quanto semmai con la logica del pit stop: ci si ferma per verificare la solidità delle scelte, anche correggendo il tiro se necessario, capire come eventualmente procedere, e con più efficacia, per centrare gli obiettivi. Proprio per questo si sarebbe dovuta affrontare una discussione vera, di merito e di metodo, per sviluppare un confronto sulle criticità emerse, sulle difficoltà di rapporto tra sindaco e parte della coalizione, sulle critiche mosse da spicchi della Comunità cittadina verso l’amministrazione del territorio. Se fatta bene, quella discussione avrebbe potuto anche ricomporre un clima maggiormente positivo intorno al sindaco che oggi, purtroppo, pare esserci solo in parte».


Quanto ha contribuito ad alzare il livello della tensione la volontà di ricandidatura di Salvemini annunciata lo scorso ottobre? Sarebbe stato opportuno un confronto preliminare con Pd e alleati?
«Il sindaco uscente ha tutto il diritto di sottoporre alla Comunità che ha amministrato, la verifica del suo operato attraverso le urne. Ma è stato un errore forzare i tempi, senza peraltro una solida condivisione preventiva di questa sua volontà nemmeno con gli stessi partiti e movimenti alleati. Dico di più: mentre a Bari, con un sindaco uscente che non registra le stesse tensioni del nostro e che, peraltro, non si può ricandidare, si traguardano le primarie a gennaio 2024, facendo da abbrivio alla campagna elettorale che non può essere più lunga di 4 mesi, qui a Lecce, con le difficoltà di coalizione e le tensioni interne, invece si “forzano” i tempi accelerando – nonostante una mediazione dell’ultimo miglio – comunque a novembre.

Senza considerare che questa scelta espone la conclusione della consiliatura al rischio di 3 risultati negativi su 4 possibili (eventuale sconfitta del sindaco uscente, vittoria risicata o bassa partecipazione) che delegittimerebbero la leadership ma anche la prosecuzione dell’attuale esperienza di governo cittadino in un finale di consiliatura che diventerebbe impervio per la maggioranza».


Nel 2017 lei fu tra i fautori della costruzione della prima candidatura di Salvemini. Lo rifarebbe?
«La stima umana e politica che ho sempre avuto nei confronti di Carlo mi ha spinto a costruire quella sua prima candidatura a Sindaco di Lecce, attraverso un appello pubblico che rivendico. Vedevo in lui, al di là delle capacità individuali e della sua sensibilità personale, anche la possibilità di tenere le fila di una coalizione ampia, oltre che un dialogo vivo e costante con la città. A tale scopo, sarebbe bastato affidarsi alle sollecitazioni delle forze interne alla coalizione, fidarsi degli appunti critici, invece che chiudersi a riccio. Anche verso la stessa città che, a un certo punto, ha iniziato a non comprendere alcune scelte fatte, anche perché forse non comunicate bene, nemmeno agli alleati. È stato un approccio di metodo che ha sorpreso e non in senso positivo».


Tra i principali ispiratori della volontà annunciata di Salvemini a candidarsi alle primarie c’è il presidente della Regione Michele Emiliano. Un punto di forza per il sindaco oppure un fattore di rischio per la tenuta e l’eventuale allargamento della coalizione?
«Così come Il sindaco uscente ha il diritto di volersi sottoporre al giudizio della Comunità che ha amministrato, allo stesso modo il presidente della Regione può legittimamente esprimere un proprio endorsement, nulla quaestio. Ma in un momento come questo, in cui nella coalizione si vorrebbe discutere di più, l’endorsement pubblico rischia di essere letto come elemento di debolezza. Un profilo come quello di Carlo, infatti, dovrebbe e potrebbe aspirare ad un appoggio popolare vasto e trasversale, tanto più dopo sei anni di governo della Città. E anche a questo sarebbe servita la discussione sulla visione di città, che però sin qui non c’è stata».


Coalizione a rischio tenuta e primarie come exit strategy per superare lo stallo: giusta decisione?
«Mi voglio ripetere: proprio gli elementi di difficoltà che hanno caratterizzato il rapporto del sindaco con alcune espressioni della città e della coalizione consigliavano - e consiglierebbero tuttora, perché forse si è ancora in tempo - di affrontare preliminarmente una discussione, seria e vera, di merito e di metodo. E da quella discussione verificare, onestamente, se il sindaco poteva recuperare l’entusiasmo nei suoi attuali partner di governo o se, invece, era necessaria un’altra leadership in grado di tenere insieme, intanto, il perimetro coalizionale originario e poi, magari, provare anche ad allargarlo».


Su cosa avrebbe orientato quella discussione?
«Siamo tutti d’accordo con le Ztl e con le misure a tutela del centro storico ma qualcuno può spiegare come mai hanno creato così tanta insoddisfazione tra gli operatori economici ma anche tra gli stessi residenti? O, ancora, trovatemi una persona in disaccordo sulla necessità di approdare a una dimensione di mobilità dolce; eppure, gli scontenti della gestione delle piste ciclabili sono tantissimi. Come mai? E poi c’è il problema abitativo, Vogliamo discuterne?».


Il Pd è diviso tra sostenitori di Salvemini e fan del candidato di partito.
«Il Pd pugliese dovrebbe liberarsi di un grande equivoco riguardo al tema “primarie di coalizione”. Lo dico con assoluto rispetto, ma forte di un’esperienza diretta vissuta nel 2014. Le primarie di coalizione, per definizione, non hanno candidati bandiera di un solo partito, ma profili che si mettono a disposizione di un perimetro ampio e si propongono come sintesi dei valori espressi dallo stesso. Se, invece, oggi come allora, il Pd dovesse immaginare di vivere il passaggio delle primarie solo attraverso proprie candidature o addirittura imponendo ai propri iscritti l’espressione di voto solo in favore di candidati iscritti al Pd, commetterebbe un doppio errore. Questo vale per il Pd ma vale anche per gli altri evidentemente…»


Tra le ipotesi di candidatura quella dell’attuale vicesindaco Sergio Signore: scelta opportuna o un segnale di debolezza per l’amministrazione?
«Faccio una premessa doverosa: ognuno può legittimamente proporsi o candidarsi. Se, però, qui a Lecce, si dovessero davvero realizzare primarie tra il sindaco uscente, il suo vicesindaco e un capogruppo della sua maggioranza si paleserebbe un singolare tema politico, tutto nuovo e interno alla coalizione, con persone chiamate ad esprimere e motivare visioni alternative a quelle che, essi stessi, hanno sostenuto nella maggioranza che tuttora compongono. Non lo so se è un segnale di debolezza, ma è certamente un tema politico singolare».


Da settimane tiene banco l’ipotesi di una sua candidatura alle primarie. Le è stato chiesto di scendere in campo? Ci sta pensando? 
«Non ho mai dichiarato, né offerto la disponibilità a candidarmi a sindaco di Lecce, né nel 2017, né in questo delicato passaggio delle primarie che ci accompagnerà al 2024. Le ragioni sono anzitutto personali e non cedono nemmeno di fronte alle tante sollecitazioni e alle manifestazioni di stima che ho registrato, trasversalmente in questi mesi, e che mi onorano. Non vivo l’ossessione di una candidatura o di vestire un nuovo ruolo istituzionale, perché sono già immerso appieno in alcuni impegni, anche di dimensione pubblica. Aggiungo: ho sempre vissuto la politica come un modo per restituire alla mia Comunità parte di quelle belle esperienze che la vita e la professione mi hanno consentito di acquisire. Ecco perché oggi, come nel 2017, non rinuncio ad offrire un contributo dialettico e politico, con senso di lealtà e senza nulla chiedere in cambio».


E allora in che ruolo sarà in campo in questo passaggio elettorale?
«Ho avuto la sensazione che le voci su una mia possibile candidatura siano state vissute, da alcuni, con una certa ansia o peggio, da altri, come un rischio agonistico. Ma i passaggi elettorali non si vivono esclusivamente in veste di candidato. Chi ha a cuore il futuro della propria comunità, non può non mettere a servizio il proprio bagaglio di esperienze, anche attraverso un confronto vivo e vivace che generi idee e stimoli critici. Ma anche come opportunità per recuperare spazi di relazione e dialogo con quei pezzi di comunità prima vicini al nostro network e oggi lontani perché delusi». 
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