Addio alla grata fallica: sostituita la finestra della casa di tolleranza in via Palmieri

Addio alla grata fallica: sostituita la finestra della casa di tolleranza in via Palmieri
di Paola ANCORA
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Sabato 21 Novembre 2015, 10:15 - Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 11:24

Si dice fosse occhieggiata da battaglioni di maschi infiammati di desiderio. E schivata invece dalle donne, mano sulla bocca a nasconder lo sdegno e via, affrettando il passo, ché non stava bene nemmeno avvicinarsi a quel portone. Per oltre un secolo quella grata, modellata da un fabbro a forma di fallo, ha guidato fino alla porta giusta, al civico 22 di via Palmieri, le nocche di mani guantate alla ricerca di qualche lira d’abbracci e di gioco, di un po’ di consolazione e d’amore. Da consumare, ça va sans dire, nel tempo prestabilito e nella penombra di quella casa di tolleranza a due passi dalla divina magnificenza del Duomo.

Da ieri quella grata non c’è più. Sostituita, rottamata, adieu. Al Comune strabuzzano gli occhi - “Ma come? Senza autorizzazione?” - e la Soprintendenza tace.

A non darsi pace, invece, sono i più anziani, mani incrociate dietro la schiena e naso all’insù. Rimpiangono sconsolati quell’enorme simbolo di virilità e possenza ormai perdute, che secondo alcuni sarebbe servito a indicare l’esistenza di una casa di tolleranza risalente persino alla fine del 1800 e le cui tracce, però, si perdono negli infiniti meandri degli archivi del Catasto.

«Non l’hanno mai registrata con l’esatta indicazione d’uso – raccontava ieri Antonio, 79 anni a dicembre -. Forse si sarà arrugginita e l’hanno levata». «E per un po’ di ruggine – gli ribatteva l’amico Luigi, occhietto e colpo di gomito - butti via quel ben di Dio? Avrà urtato il pudore di qualche signora». Probabilmente, raccontano i vicini, anche quello della proprietaria di casa, stanca delle continue allusioni e delle soste, risolini compresi, di comitive di turisti che davanti a quella grande, antica finestra scoprivano incantati il volto sensuale e segreto della Lecce barocca. Il volto ricamato dalle parole di Vittorio Bodini, che della grata fallica ha scritto in una sua poesia. E il volto, ancora, che si nasconde dietro le gonne delle Sante nelle chiese, sui portoni dei palazzi nobiliari, nei cornicioni scolpiti dei balconi fioriti di gerani.

«Davanti a quella grata – racconta Simona Melchiorre, di professione guida turistica – ci fermavamo sempre. Non è chiaro se la casa di tolleranza sia realmente esistita, come dicono i più, oppure se si trattasse di una delle “facezie di papa Galeazzo”, ma certamente Lecce è piena di simboli fallici, che servivano ad allontanare il malocchio e le energie negative”. Così, basta saper cercare per incrociare il potente scongiuro scolpito in vico del Sole, vicino alla Chiesa di San Matteo, o sulla facciata di Palazzo Personé. «Il barocco è affascinante anche per questo - riflette Melchiorre - perché offre una commistione continua di sacro e profano, affiancando donne sensuali alle Sante nelle pitture, simboli fallici e putti nella scultura».

Ma l’arte nulla può contro il pudore più tenace e contro le di lui censure che hanno mietuto, nei secoli, “vittime” ben più illustri della pur famosa grata al civico 22 di via Palmieri. Fortuna volle, per esempio, che Michelangelo fosse passato a miglior vita da qualche mese quando morbidi panni bianchi coprirono le nudità del Giudizio Universale nella Cappella Sistina, a Roma. O, per tornare ai giorni nostri, a Palazzo Vecchio a Firenze il Gazing Ball dell’artista Jeff Koons (per inciso già marito dell’ex portnostar Cicciolina) ha dovuto accettare di celarsi dietro un paravento per consentire al premier Matteo Renzi di accogliere il principe ereditario degli Emirati Arabi Mohammed Bin Zayed Al Nahyan. Questione di pudore, insomma. E di decoro. Ai quali qualcuno - si vedrà se con il permesso delle Pubbliche amministrazioni oppure no - ha pensato di poter sacrificare anche una grata in ferro battuto, ultima testimonianza di una casa di tolleranza che la Mara, al secolo Antonio Lanzalonga, noto transessuale della città, raccontava essere aperta ai soli benestanti, ai nobili leccesi, con le tasche gonfie di denaro e la testa piena di capricci e desideri da esaudire. «Una casa di lusso - disse la Mara in una delle sue ultime interviste - dove le lenzuola si cambiavano ogni giorno». E il peccato, goduto e consumato, si lavava via con acqua e sapone.