Trovato morto in casa e sulla maglia il rossetto: arriva l’archiviazione per la donna

Il tribunale di Lecce
Il tribunale di Lecce
di Pierangelo TEMPESTA
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Mercoledì 20 Settembre 2023, 22:22 - Ultimo aggiornamento: 22:24

Per il giudice non è possibile stabilire se l’indagata e la vittima fossero insieme nell’appartamento al momento della morte. Viene così archiviata la posizione della donna finita sotto indagine per la morte dell’artigiano 65enne di Gallipoli trovato senza vita in un appartamento della Città Bella la notte del 23 gennaio 2020. Nel registro degli indagati era stata iscritta una 58enne, cugina della vittima, difesa dall’avvocato Angelo Ninni. L’accusa era di omissione di soccorso. Il pm titolare del fascicolo, il sostituto procuratore Massimiliano Carducci, aveva avanzato richiesta di archiviazione perché gli elementi acquisiti non erano ritenuti sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio.


La famiglia dell’imprenditore, rappresentata dall’avvocato Lucio Calabrese (che si è avvalso del supporto e della consulenza tecnica della criminologa Isabel Martina), si era però opposta all’archiviazione.

I fratelli dell’artigiano sono stati rappresentati dall’avvocato Fabrizio Ferilli. Il 65enne fu trovato privo di vita nell’abitazione di un amico. Era riverso sul pavimento in posizione supina e con il capo adagiato su due cuscini. Sul posto fu rinvenuta una maglietta con una macchia di rossetto, dalla quale furono estratti cinque profili genetici riconducibili a due genotipi umani, uno dei quali riferibile all’indagata. Accogliendo le tesi sostenute dal pm nella richiesta di archiviazione, il giudice per le indagini preliminari Anna Paola Capano ha stabilito che non ci sono dubbi sul fatto che il 65enne sia morto per un arresto cardiocircolatorio. La richiesta della famiglia di eseguire un’autopsia, sottolinea il gip, non sarebbe quindi utile. 

Respinta la richiesta di approfondimenti sull'ultima telefonata


Non è stata accettata nemmeno la richiesta di eseguire approfondimenti su una chiamata di 7 secondi partita la sera della morte dal cellulare della vittima verso quello del padrone di casa. Così come quella di effettuare indagini suppletive sulle celle telefoniche e di eseguire una comparazione dei plurimi profili genetici, perché, sottolinea il giudice, si tratterebbe di indagini che non potrebbero mai dimostrare né che la donna si trovasse con l’artigiano al momento del malore, né che il malore abbia avuto una durata tale da consentirle di chiamare i soccorsi prima del decesso. 

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