Pusher dall’Africa: il nuovo fronte dello spaccio

Pusher dall’Africa: il nuovo fronte dello spaccio
di Erasmo MARINAZZO
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Martedì 30 Agosto 2016, 08:27 - Ultimo aggiornamento: 15:35

Lo spaccio di droga nelle mani dei nigeriani e dei gambiani, nella movida di Gallipoli. Lo dicono i dieci arresti e le due denunce della polizia. Quanto alla filiera che arriva ai trafficanti, passando per i gestori di quello stesso spaccio, sono in corso accertamenti. Un dato, comunque, appare emblematico: non ci sono contrasti fra questi venditori di cocaina, hashish e marijuana con la criminalità gallipolina.

Perché? Perché non sono state registrate forme di intollerenza sulla spartizione del territorio, ossia del mercato frequentato da migliaia di ragazzi arrivati quest’estate a Gallipoli. Non ci sono state quelle alzate di testa che hanno fatto e scritto la storia della Sacra corona unita con rivendicazioni passate da pestaggi a sangue a gambizzazioni, fino agli omicidi. E Gallipoli ha avuto una parte importante, in questa storia. Non ultimo l’omicidio di Carmine Greco del 13 agosto del 1990 per il quale è stato inflitto l’ergastolo al boss Rosario Padovano nel ruolo di mandante e per il quale è in corso il processo a carico delle due persone indicate come gli esecutori.

Già, Padovano e il suo clan. I Padovano. I Padovano ridimensionati dalle faide interne con Rosario, reoconfesso dell’omicidio del fratello Salvatore, come anche dai blitz, dai sequestri e dai processi nati dalle operazioni “Galatea” e “Baia Verde” condotti dai procuratori aggiunti Elsa Valeria Mignone e Antonio De Donno con i carabinieri del Ros e i poliziotti della Squadra mobile. Tanti affiliati o persone ritenute vicine a questo clan sono in carcere, ma sono proprio gli stessi inquirenti a non credere di aver sconfitto definitivamente una organizzazione criminale che ha messo radici dopo la prima metà degli anni Ottanta e che ha costruito alleanze con la famiglia Giannelli di Parabita e con i fratelli Tornese di Monteroni. A Parabita, peraltro, è stato inferto un duro colpo agli emergenti con l’operazione “Coltura” del novembre 2015.

E allora, chi ha cercato di accaparrarsi la gestione dell’ambita fetta di mercato della movida gallipolina estiva? Chi amministra le forniture di droga alimentate anche alla fama che Gallipoli fosse un posto dove lo sballo è l’unica regola vigente? I nigeriani e i gambiani sono l’ultimo anello di una catena coperta ancora dagli accordi criminali e dal segreto istruttorio. «Gli extracomunitari si mettono sul lungomare davanti ai locali più frequentati e restano lì fermi senza apparentemente dare nell’occhio - ha spiegato nella conferenza stampa di ieri la dirigente del Commissariato di Gallipoli, Marta De Bellis -. Non mostrano alcun timore quando vedono passare le nostre pattuglie o quando ci fermiamo a controllarli. Anche perché addosso non hanno nulla: lo stratagemma consiste nel nascondere la droga altrove, a volte fra le dune. Chi c’è dietro questi spacciatori? Stiamo cercando di capirlo».
Ma il sospetto è che dietro ci sia la criminalità organizzata. Già due anni fa il procuratore capo, Cataldo Motta, scrisse nella relazione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario: «Anche nelle porzioni meridionali del Salento i clan mafiosi sono apparsi caratterizzati da una struttura a cellule e hanno dimostrato buona capacità di controllo del territorio e di soddisfare le istanze del “mercato” degli stupefacenti, incrementatosi principalmente nella zona di Gallipoli, a seguito della formidabile esplosione turistica che ha caratterizzato sia l’estate del 2013, sia quella successiva di quest’anno».

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