Scu, i parcheggi e il “pizzo”: in aula due pentiti e un boss

Scu, i parcheggi e il “pizzo”: in aula due pentiti e un boss
Scu, i parcheggi e il “pizzo”: in aula due pentiti e un boss
di Erasmo MARINAZZO
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Lunedì 8 Gennaio 2024, 21:56 - Ultimo aggiornamento: 9 Gennaio, 11:33

Nuove testimonianze ed anche la voce di due collaboratori di giustizia per stabilire se sia fondata o meno l’accusa che la frangia tuturanese della Sacra corona impose il “pizzo” fra il 2015 ed il 2020 ai commercianti di Brindisi ed agli imprenditori agricoli, mettendo anche le mani sulla gestione dei parcheggiatori abusivi delle aree di sosta davanti all’ospedale Antonio Perrino.

Saranno sentiti i collaboratori Emanuele Guarini di Mesagne e Pierluigi Chionna di Sava nell’udienza di lunedì prossimo 15 gennaio quando il collegio giudicante della prima sezione penale del Tribunale (presidente Maurizio Saso, a latere Simone Orazio e Federico Sergi) esaminerà anche, fra gli altri, il boss leccese Maurizio Briganti, Eginio Campana, Raffaele Renna e Carlo Cantanna. Fra i temi, anche il patto per aggregare in una sola organizzazione i clan della Scu dal Basso Salento fino a Brindisi.

Cosa è successo

Lo ha deciso lunedì il collegio facendo una sintesi delle richieste e delle istanze di opposizione presentate dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Giovanna Cannalire, e dal collegio difensivo al termine dell’istruttoria dibattimentale nel processo con imputati Francesco Campana e Giovanni Donatiello, 50 e 62 anni, di Mesagne, nel ruolo di capi di quella frangia della Scu e dunque sotto processo per difendersi dall’accusa di associazione mafiosa. Insieme con Lucia Monteforte, 55 anni, di Brindisi, compagna di Campana; ed Angelo Pagliara, 60 anni, di Brindisi. Sono difesi dagli avvocati Dario Budano, Cosimo Lodeserto, Valerio Vianello, Marcello Falcone, Davide De Giuseppe, Enrica Viti, Andrea Capone e Raffaele Missere.
La pm Cannalire ha chiesto di rigettare la richiesta di ascoltare Maurizio Briganti su questioni sui cui attende ancora l’esito dell’ultimo grado di giudizio: il patto trasversale della Scu oggetto del processo nato dall’operazione Final Blow che lo ha visto condannare in primo grado ed in appello.

Secondo la rappresentante dell’accusa si tratterebbe di un passaggio inutile, poiché Briganti non avrebbe avuto alcun interesse a rendere dichiarazioni autoaccusatorie.

Quale l’attinenza di quel patto con questo processo? Ne ha parlato in una delle udienza il collaboratore di giustizia Tommaso Montedoro, l’ex capo dell’organizzazione criminale di Casarano che sta scontando anche una condanna a 30 anni per omicidio: «Il capo doveva essere, per quanto riguarda Brindisi, Brindisi e provincia parlo sempre, Francesco Campana. Avendo la condanna all’ergastolo, si occupava più dei rapporti inter nos, interni agli istituti di pena. E Donatiello era la mente fuori, anche perché era un figura carismatica, dopo 30 anni usciva fuori, non avendo mai collaborato, non avendo mai avuto - tra virgolette - pecche secondo il codice della malavita. Anche perché c’erano screzi anche con l’altra compagine sempre brindisina. Stavano fuori, erano più giovani, se possiamo dire, e quindi non sottostavano alle regole ferree che volevamo imporre loro».
Promotore della unificazione dei clan - secondo Montedoro - sarebbe stato Maurizio Briganti: sarà sentito in questo processo per capire se è vero o meno il coinvolgimento di Campana e Donatiello: «Mi mostrò uno statuto che avevano fatto, scritto dallo stesso Campana e T.P.in quel periodo. Era composto da due fogli grandi, entrambe le facciate».

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