Medico condannato e promosso, bufera all'Asl per le progressioni

Medico condannato e promosso, bufera all'Asl per le progressioni
di Roberta GRASSI
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Sabato 21 Novembre 2015, 13:08 - Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 19:34
BRINDISI - Un dirigente medico condannato in primo grado e ora promosso con un incarico di alta professionalità dalla Asl che si era costituita parte civile anche nei suoi confronti. Un altro medico licenziato in tronco, pur essendo solo indagato per essersi assentato dal posto di lavoro, documentando malattia, pur prestando servizio altrove. Accusa mai passata al vaglio di un giudice.

In sintesi, è bufera sulle decisioni in sede disciplinare assunte dalla Asl di Brindisi. C’è chi rileva differenze di trattamento per due recentissimi.

Il primo è quello di Vito Capone, 61 anni, dirigente medico oculista che è stato incluso dalla procura di Brindisi nel novero dei 48 “assenteisti” di stanza in via Dalmazia, 34 dei quali sono stati condannati. La pena inflitta dal giudice Giuseppe Biondi per Capone, ammonta a un anno e dieci mesi di reclusione.

L’accusa? Quella d’essersi allontanato dal distretto senza strisciare il badge nell’apposita marcatempo. La difesa (sostenuta in sede penale dall’avvocato Massimo Manfreda), d’averlo fatto per motivi professionali.

In tutto sono otto i medici condannati lo scorso 26 giugno, cinque gli assolti. Per tutti è stata stabilita l’interdizione dai pubblici uffici per la durata intera della pena, ad alcuni è stata concessa la sospensione condizionale della pena e la non menzione.

Le motivazioni sono state depositate lo scorso settembre. La sentenza è già stata impugnata da molti degli imputati.

Il giudice monocratico, Giuseppe Biondi aveva tra l’altro classificato come più grave la condotta dei medici rispetto a quella degli infermieri, visto il compito di “controllo” sul rispetto delle regole loro attribuito riguardo ai sottoposti. Ancor di più nei casi in cui veniva chiesto a qualcun altro di marcare il cartellino al proprio posto.

Conseguenze in ambito disciplinare per i dipendenti Asl coinvolti non ve ne sono state, per il momento. I procedimenti avviati all’epoca dell’esecuzione di misure restrittive e interdittive sono stati poi posti in ghiacciaia. La questione sarà riaffrontata non appena vi sarà un pronunciamento definitivo.

Nelle more Capone, sulla cui professionalità non sono mai state gettate ombre, in sede dibattimentale né altrove (l’imputazione è di truffa ai danni dello Stato per le ore “non” trascorse in servizio), è stato trattato come tutti i colleghi di pari livello.

L’11 novembre scorso la direzione generale della Asl ha accolto la proposta formulata dal direttore facente funzioni del distretto socio sanitario, la dottoressa Beatrice Proto. Poiché ha anzianità di servizio superiore ai 15 anni gli è stato conferito l’incarico di alta specializzazione “centro Glaucoma”, per la durata di tre anni, con facoltà di rinnovo”.

Tutto ciò a decorrere dal primo agosto 2015. L’effetto, come per tutti gli altri dirigenti medici, è la corresponsione la retribuzione di 371 euro mensili “con riserva di riconoscere l’eventuale retribuzione di posizione variabile aziendale all’esito della rideterminazione della nuova graduazione delle funzioni degli incarichi dirigenziali”.

Un diritto, considerato che non è stata disposta alcuna sanzione in sede disciplinare. Nonostante la posizione “contrapposta” in sede processuale tra Capone e la Asl che batte cassa e che ha ottenuto in primo grado il riconoscimento di un danno patrimoniale non quantificato (da tutti i condannati) per la sottrazione delle ore che sulla carta dovevano essere di esclusiva proprietà del datore di lavoro e di un danno di immagine arrecato in virtù del fatto che i presunti “furbetti del cartellino” agivano sempre alla luce del sole.

Diversa la posizione di un altro medico. Denunciato dai carabinieri dei Nas perché beccato a lavorare altrove nonostante avesse certificato la malattia. Ci sono indagini in corso ma l’Azienda ha già rescisso il contratto di lavoro. Dovrà però continuare a pagargli lo stipendio per un anno ancora.



“Sono innocente e lo dimostrerò”. Non ha alcun dubbio il dirigente medico oculista, Vito Capone, che al fianco dell’avvocato Lorenzo Durano, ha chiarito qual è la propria posizione nei riguardi della giustizia e quella nei confronti dell’Azienda sanitaria per cui lavora da 35 anni. Lo ha fatto, contattato da Nuovo Quotidiano di Puglia, ribadendo la propria estraneità ai fatti da affermare nel secondo grado di giudizio.

“Il dottor Capone precisa – scrive - che la condanna pronunziata nei suoi confronti, in primo grado, è stata già appellata con ricorso proposto dai suoi legali e confida fortemente in una piena assoluzione in sede di appello. Precisa comunque che le contestazione mossegli in sede penale non hanno riguardato assenze arbitrarie, motivate da ragioni private, ma solo ed esclusivamente l’uso “improprio” del badge”.

“E’ risultato infatti documentato ed accertato anche nel processo, l’impegno professionale da lui profuso – prosegue - nei confronti della Asl in 35 anni di servizio in ragione del quale gli erano stati affidati numerosi incarichi non retribuiti che lo portavano ad avere frequenti rapporti con la direzione generale e con altre strutture della Asl ubicate in altre sedi. Incarichi che comportavano la necessità di spostamenti che avvenivano comunque dopo che egli aveva espletato tutte le prestazioni dovute all’utenza”.

“La condanna in primo grado – va avanti - risulta motivata solo in ragione dell’uso, ritenuto improprio, del cartellino marcatempo che andava timbrato, secondo il Tribunale, anche nel caso di allontanamento per ragioni di servizio. Non risulta documentato e provato invece, lette le motivazioni della sentenza, alcun allontanamento arbitrario per ragioni personali.

L’incarico di alta specializzazione che la Asl ha inteso conferirgli è sostanzialmente dovuto, vuoi in ragione dell’anzianità di servizio, vuoi per un doveroso riconoscimento della professionalità che non risulta mai essere stata messa in discussione neppure nell’ambito del giudizio penale, dove numerosi testimoni, tra i quali dirigenti dello staff direzionale, hanno confermato tanto la quantità e qualità delle prestazioni sanitarie richieste, anche predisposte dall’azienda oltre l’attività di routine, quanto l’esistenza effettiva dei numerosi incarichi in seno all’azienda e i consequenziali costanti rapporti con la direzione generale”.

“L’incarico gli è stato assegnato dalla Asl – conclude - è quindi il meritato frutto di un pluriennale e non contestato impegno professionale, nel rispetto per altro del vigente contratto nazionale per la dirigenza medica”.
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