Gita fuori porta nonostante gli arresti domiciliari: evade per tre volte. Arrestata

Gita fuori porta nonostante gli arresti domiciliari: evade per tre volte. Arrestata
di ​Alfonso SPAGNULO
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Sabato 16 Settembre 2023, 18:27 - Ultimo aggiornamento: 20:21

Evade tre volte dai domiciliari e finisce in carcere. E’ allergica agli arresti domiciliari, alla fine i giudici l’hanno accontentata: dopo l’ennesima volta che i carabinieri non l’hanno trovata a casa, da dove non avrebbe dovuto allontanarsi se non avendo prima chiesto e ottenuto il permesso del giudice, una fasanese di 27 anni è finita in carcere. L’hanno arrestata, nei giorni scorsi, i carabinieri della stazione di Castellana Grotte. Incurante del fatto di essere agli arresti domiciliari a Fasano, se ne era andata a fare una gita fuori porta. 

I controlli da parte dei carabineri


Ma le è andata male: è incappata in un controllo dei militari dell’Arma e, dopo che i militi hanno identificato e hanno accertato che è sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari, hanno informato dell’accaduto il magistrato competente. Se per ben due volte, dopo che i carabinieri di Fasano non l’avevano trovata in casa all’atto dei controlli, il pm di turno l’aveva graziata ricollocandola ai domiciliari, alla terza la buona sorte ha finito di sorridere alla 27enne fasanese. Dopo l’arresto per evasione è stata condotta dai carabinieri nel carcere di Trani.

Il blitz

I guai della giovane fasanese sono iniziati il giorno in cui è scattato il blitz con cui i carabinieri della Compagnia di Bari centro hanno azzerato una vera e propria organizzazione che aveva il suo core business nei furti di auto. 
Dieci le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Bari Angelo Salerno su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo di Regione. Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi c’era appunto la 27enne fasanese.
Il giorno del blitz finì ai domiciliari.

A lei, al pari degli altri 24 indagati, il giudice delle indagini preliminari contesta di essersi “associati al fine di commettere più delitti contro il patrimonio ed in particolare furti e ricettazione di autovetture (in particolar modo dei marchi Fiat, Alfa Romeo, Jeep, Land Rover) operando in agro dei comuni di Monopoli e Fasano ed altri territori limitrofi, disponendo altresì di basi logistiche e depositi nei quali occultare e scomporre i veicoli proventi di reato”. I carabinieri sono riusciti, con un certosino lavoro di indagine in cui hanno avuto un ruolo determinante le intercettazioni telefoniche e ambientali, a ricostruire il ruolo che ognuno degli indagati aveva nel gruppo. C’era chi si occupava della manomissione delle parti elettroniche dei veicoli, “operazioni necessarie per poter procedere al furto dei veicoli”, chi si poneva alla guida del mezzo rubato o, usando auto pulite, faceva la staffetta “così da garantire la fuga in sicurezza”, c’era chi si occupava di procedere “all’occultamento dei veicoli in zone impervie”. 

I pezzi di ricambio delle auto


All’interno del gruppo di lavoro c’era poi chi aveva il compito di cannibalizzare le auto rubate, i cui pezzi di ricambio, che venivano stoccati per tipo e marca, nonché imballati, per essere venduti a carrozzieri compiacenti. La “spa” dei furti di auto poteva anche contare su una persona che “in ragione delle sue mansioni lavorative”, provvedeva “al ritiro dei pezzi smontati dalle auto rubate che venivano venduti come pezzi di ricambio in diverse zone d’Italia.
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