Saline di età mediavale nel parco naturale: la scoperta del sub

Saline di età mediavale nel parco naturale: la scoperta del sub
di Nicola SAMMALI
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Venerdì 3 Giugno 2022, 20:56 - Ultimo aggiornamento: 4 Giugno, 07:16

I resti di grandi vasche per la raccolta del sale, risalenti al Medioevo, sono stati scoperti in mare aperto, a sud di Brindisi, dal sub ambientalista tarantino Fabio Matacchiera. Le imponenti strutture artificiali di pietre a secco sommerse a 500 metri dalla costa, secondo gli esperti, sarebbero state realizzate per la raccolta e la produzione del sale, dall’anno 1000 fino al 1700, prima di essere sommerse dal mare. 


La scoperta

Matacchiera ha individuate 2 “saline” grazie all’ausilio di un drone e di foto satellitari («possono essere riconosciute solamente dall’alto»), nonché di ricognizioni subacquee: da quanto riferito, sembrano inedite e mai studiate e giacciono su un fondale di soli due metri. Una ricerca approfondita dello stesso Matacchiera avrebbe accertato che non esistono riferimenti su questo specifico ritrovamento: si sa, invece, dai documenti di archivio, che almeno dall’anno 1000 in quelle aree del brindisino vi fosse una intensa attività di raccolta e di produzione del sale, proprio attraverso enormi vasche rettangolari situate a terra, a immediato contatto col mare. L’acqua marina, decantando e asciugandosi al sole, rilasciava i cristalli di sale.

Sulla loro origine si è espresso Mario Lazzarini, noto studioso di archeologia: «Nei documenti d’archivio risulta che a Brindisi nel Medioevo vi erano diverse saline, ma le più importanti erano quelle a sud della città sul tratto di costa che va da Punta Torre del Cavallo a Punta della Contessa». Oggi l’area è compresa nel Parco naturale regionale Salina di Punta della Contessa, istituito nel 2002 dalla regione Puglia, per la protezione di una ricca avifauna. Si indicano come saline, allo stato attuale, una serie di laghetti e pozze d’acqua dolce ma comunicanti col mare attraverso canali naturali, piccoli stagni dove è possibile trovarci anche dei fenicotteri.

I filmati e le foto sono stati realizzati nel sito da Matacchiera, che ha effettuato sopralluoghi e immersione nelle acque antistanti il parco. Il fondo di queste costruzioni è ancora adesso cosparso abbondantemente di frammenti ceramici molto rustici, simili a tegole: le tegole erano utilizzate per coprire i cumuli di sale lasciato ad asciugare, per proteggerli dal vento e dalla pioggia che avrebbero potuto distruggerli. L’area indagata da Matacchiera è cosparsa di frammenti di tegole, e questo confermerebbe la tesi di Lazzarini circa la presenza di antiche saline medievali, ormai sommerse, considerando anche la tipologia dei materiali adottati. L’epoca a cui risalgono queste costruzioni non è facile da accertare, in mancanza di una campagna di scavo archeologica, ma «una cosa è certa: l’evidente avanzata del mare che con l’innalzamento del suo livello e l’erosione incessante ha sommerso queste vasche, tanto che oggi la costa è ben più distante, anche diverse centinaia di metri». Il fenomeno lungo le coste pugliesi, evidenziano Matacchiera e Lazzarini, «è ben noto e sta portando alla scomparsa di numerose spiagge e al crollo di falesie rocciose lungo il lato adriatico e quello ionico». 


Da recenti studi sia archeologici sia geologici, sottolineano, si calcola che il livello del mare negli ultimi 2000 anni si sia innalzato di 2,50 metri circa. «Ma dirlo così è una cosa, vederne in maniera così chiara e sorprendente gli effetti è un’altra. Forse le vere Saline di Brindisi erano lì, in mezzo a quello che oggi è mare aperto». Anche la soprintendente Barbara Davidde è stata allertata sulla individuazione delle strutture («rinforzate e ristrutturate in varie epoche per proteggerle dalla incessante erosione marina»), che potrebbero fornire ulteriori indicazioni sulla produzione del sale in questa zona. «La produzione del sale marino nell’antichità era una attività economica molto redditizia e diffusa soprattutto nelle aree costiere basse e soleggiate del Mediterraneo. Il sale era fondamentale non solo per l’alimentazione umana e animale, ma soprattutto per la conservazione di alimenti quali carne e pesce, in mancanza degli attuali sistemi di congelamento o surgelamento. Famose erano le saline tra Ostia e Fiumicino, sul litorale laziale, da dove il sale raggiungeva Roma sul Tevere e proseguiva con carovane verso l’Appennino lungo quella che appunto fu chiamata “via Salaria”».
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