Sono 20 i suicidi dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane, un dato allarmante che prefigura un anno difficile, il picco più alto con 82 suicidi si era verificato nel 2022. È con questi dati che l’avvocato Giuseppe Guastella, componente dell’Osservatorio carcere Ucpi, ha introdotto la discussione del webinar "La funzione costituzionale della pena detentiva: troppi suicidi" organizzato dalla Camera Penale di Brindisi.
La tavola rotonda
Online, che ha registrato 205 partecipanti, ospitava come relatori il giornalista e saggista Alessandro Barbano, il Pubblico ministero della Procura della Repubblica di Brindisi Raffaele Casto, il magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Lecce Ines Casciaro e il responsabile dell’Osservatorio carcere Ucpi Gianpaolo Catanzariti.
A porgere i saluti istituzionali il presidente della Camera penale Brindisi Giancarlo Camassa, il componente della giunta Ucpi Pasquale Annicchiarico e il responsabile Organismo di controllo Ucpi Vito Melpignano. Ha aperto la discussione dei relatori il giornalista Barbano ribadendo che il tasso dei suicidi in carcere supera quello della popolazione. «La situazione è ancora più grave quando si guardano i singoli casi, molti dei suicidi avvengono nella fase conclusiva della detenzione, quando dovrebbe farsi strada la speranza, questo ci dice che il carcere è un luogo dove la speranza ti uccide».
Il numero dei reclusi
Le persone attualmente recluse sono 60mila, Barbano afferma che negli anni ’80 i detenuti oscillavano tra i 25 e i 35mila «Tra il ‘91 e il ’92 improvvisamente si passa al numero di detenuti che abbiamo avuto negli ultimi 30 anni, cosa è successo? Eppure in quegli anni si sono combattute e vinte battaglie nella lotta alla mafia e al terrorismo. Da quel momento però il sistema penale diventa qualcos’altro nel nostro Paese, alla richiesta di maggiore controllo la giustizia si identifica con la politica criminale».
Il magistrato di sorveglianza Ines Casciaro invoca un’amnistia tombale che svuoti e decongestioni le carceri. Il magistrato sottolinea, inoltre, che il sovraffollamento incide sulla qualità delle prestazioni erogate ai singoli detenuti, anche in termini di assistenza sanitaria e psichiatrica. «Nel 2008 le competenze sanitarie passano dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario regionale, la crisi di quest’ultimo irrimediabilmente si ripercuote all’interno degli istituti penitenziari».
Il responsabile dell’Osservatorio carcere Ucpi, Gianpaolo Catanzariti, spiega che i detenuti sono in attesa di segnali importanti.
«Costruire nuove carceri non credo sia la soluzione e nemmeno l’utilizzo di caserme dismesse. Occorre una forte assunzione di responsabilità politica soprattutto del Parlamento, bisogna porre il problema dell’indulto con forza. L’assunzione di responsabilità - continua Catanzarini - riguarda anche le magistrature di sorveglianza, giudicante e requirente, lo hanno dimostrato durante la pandemia con il calo dei numeri dei detenuti». Secondo il pubblico ministero Raffaele Casto nel caso dei suicidi, non è sufficiente un approccio statistico, bisognerebbe analizzare i singoli casi ricostruendo la vita prima del carcere e dentro.
Sguardo ai singoli casi
«Nell’anno 2000 i suicidi sono stati 62, nel 2020 sempre 62, non è cambiato nulla, non facciamo gli allarmisti oggi, dovevamo farlo almeno nel 2000 ma anche prima». Il suicidio quindi, secondo Casto, è una problematica sociale che si acuisce quando avviene in carcere.
«Un fatto che ho toccato da vicino e mi rattrista riguarda i ragazzi, l’Istituto penale per minorenni di Lecce è stato chiuso da anni, i ragazzi vengono tradotti in quello di Bari. I genitori devono fare chilometri per andare a trovare i propri figli e se una famiglia non può permetterselo? Questo lede il diritto del trattamento umano».