Il commercio affonda nella crisi: perdute in un anno 804 imprese

Il commercio affonda nella crisi: perdute in un anno 804 imprese
di Elda DONNICOLA
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Lunedì 27 Febbraio 2017, 08:17 - Ultimo aggiornamento: 16:06

Il bilancio del 2016 per i commercianti e per i titolari di bar e ristoranti si traduce in un vero e proprio bagno di sangue. Stando ai dati della Camera di commercio ed elaborati dall’Osservatorio di Confesercenti, Brindisi e provincia perdono in un anno 804 imprese: 549 sono imprese del commercio al dettaglio sia food che no food, e 255 sono esercenti di pubblici esercizi quali bar e ristoranti.
Numeri che si fa fatica a leggere e ancora di più ad interpretare, fotografia dell’ennesimo anno horribilis, il 2016, per il commercio locale in genere e per i pubblici esercizi in particolare. 
Veniamo al sodo. L’elaborazione eseguita dall’osservatorio di Confesercenti ha contato nel 2016 in Camera di commercio nel settore del commercio al dettaglio alimentare e non alimentare 7.043 imprese che sono diventate 6.494 alla fine dell’anno preso in esame. Il calo secco è di 549 imprese. Nonostante che di nuove aperture, nel 2016 ce ne siano state 318, le cessazioni hanno sfiorato di una sola unità il migliaio. La rete distributiva provinciale si riduce dell’8%.
 
Il dato elaborato a livello provinciale si ripercuote rovinosamente nella città capoluogo che fa contare i numeri peggiori. A Brindisi le imprese erano 1.346 all’inizio dell’anno, al 31 dicembre se ne contano 1.175, con un saldo negativo di 171 imprese. Le nuove aperture sono state 68, le cessazioni 244. Il calo, in percentuale, è del 12%. 
Brindisi fa registrare i numeri e la percentuale più importante, ma il trend negativo si riverbera, anche se con qualche punto percentuale in meno, pure negli altri comuni della provincia.
L’unico dato positivo lo registra Carovigno, il comune più virtuoso, che in un anno perde solo (si fa per dire) 4 imprese e chiude il bilancio in positivo con il 2%. 
Ostuni ha aperto il 2016 con 719 imprese, alla fine dell’anno ne perde 52, ne restano 667. Per la città Bianca il saldo in negativo è del 7%.
Poco meno, ma perde anche Francavilla Fontana, cittadina tradizionalmente vocata al commercio, che passa da 990 a 926. Perde 64 attività commerciali e scrive un – 6% sul saldo di fine anno 2016.
Mesagne batte (in negativo) sia Ostuni che Francavilla, ma non è certo una nota di merito. Le imprese erano 426 all’inizio dell’anno, se ne contano 387 alla fine, meno 39. Per la cittadina si tratta di un – 9%. 
Anche Fasano, altro importante centro commerciale, passa da 745 imprese a 696 alla fine del 2016.
E come se questi numeri non bastassero, quelli che si registrano nel settore dei pubblici esercizi, sono anche peggiori. 
Sul territorio provinciale se ne contavano 2.347 all’inizio del 2016, ne sono rimasti 2.092 alla fine dello stesso anno. Ben 255 attività in meno e un inquietante – 11%. 
Percentuale che peggiora di un punto, 12%, nella città capoluogo. A Brindisi bar e ristoranti erano 501, ne sono rimasti 440, un saldo di 61 attività in meno.
Sorprende la perdita della Città Bianca che perde pubblici esercizi con una percentuale del 16% e meno 52 attività.
Diminuiscono bar e ristoranti anche a Fasano. Le imprese erano 272, alla fine del 2016 se ne contano 247, 25 in meno, - 9%.
Mesagne si attesta attorno ad una perdita di attività di pubblico esercizio del 11,5%. Bar e ristoranti erano 149, ne sono attive 132, 17 in meno. 
Carovigno perde 8 attività e passa da 127 a 119 con un meno 6%, Francavilla da 171 a 155, meno 16 imprese con un meno 9%. Anche Ceglie registra un importante calo dell’11% e passa da 137 a 122 attività, meno 15%.
Numeri, sia quelli del commercio al dettaglio che quelli dei pubblici esercizi, tutti da leggere, tutti da interpretare (cosa non facile) ma soprattutto sui quali riflettere.

Un conto approssimativo evidenzia un altro dato allarmante. Se si considera che ogni attività commerciale o di pubblico esercizio impiega tra le due e le tre unità lavorativa, giusto a voler fare i conti al minimo, la perdita in termini occupazionali varia tra le 2mila e le 2mila e 500 unità che si sono consumate in silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse in un settore che, al contrario di altri non può beneficiare di alcuna forma di ammortizzatori sociali. 

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