Battaglia sull'Authority, il giudice: «Indagini del pm irrituali e inutilizzabili»

La sede dell'autorità portuale di Brindisi
La sede dell'autorità portuale di Brindisi
di Erasmo MARINAZZO
3 Minuti di Lettura
Sabato 24 Dicembre 2022, 11:55 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 04:16

Irrituali ed inutilizzabili sono state definite le indagini suppletive svolte dal pubblico ministero della Procura di Brindisi, Raffaele Casto, nel processo con rito abbreviato che contesta forzature ed abusi consumati fra il 2016 ed il 2017, per alcune delle opere realizzate dall’Autorità portuale. Irrituali ed inutilizzabili perché svolte - ha sottolineato il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Brindisi, Maurizio Saso, nell’ordinanza di rigetto - fuori dai termini. 

Le indagini svolte dopo la richiesta di processo 

Svolte ossia, dopo che era stata accolta la richiesta di processo con rito abbreviato presentata dalla difesa del presidente dell’Authority, Ugo Patroni Griffi. «E non è consentito al pm modificare ex post il quadro probatorio», sottolinea l’ordinanza, «sulla scorta del quale l’imputato, rinunciando alle garanzie tipiche del dibattimento, accetta di essere giudicato allo stato degli atti».
Si tratta della questione discussa l’altro ieri nel corso dell’udienza conclusasi con le richieste di condanna degli otto imputati e che ha visto gli avvocati difensori Vito Epifani ed Amilcare Tana intervenire per chiedere l’inammissibilità della richiesta di prova contraria rispetto alla sentenza del Consiglio di Stato prodotta dalla difesa di Patroni Griffi, sulla conformità e la regolarità urbanistica delle opere. Il rappresentante della Procura ha inoltre chiesto di inserire nel processo numerosi documenti racchiusi in due faldoni, nonché i verbali di ascolto di diversi addetti ai lavori. Fra questi il provveditore e tre funzionari del Provveditorato delle Opere pubbliche di Campania, Molise, Puglia e Basilicata. Ed anche la dirigente del settore Urbanistica del Comune di Brindisi, l’architetto Marina Carrozzo.
Perché questa divergenza fra l’accusa da una parte e il giudicante con le difese dall’altra? Perché - spiega l’ordinanza - il pubblico ministero ha ritenuto che la richiesta di Patroni Griffi di acquisire la sentenza del Consiglio di Stato avrebbe spalancato la porta alla procedura dell’abbreviato condizionato alla definizione di nuove fonti di prova.

I tre principi 

Sul punto il giudice Saso ha stabilito tre principi che il pm potrà eventualmente impugnare, per sostenere «l’assoluta infondatezza di detto presupposto»: primo, Patroni Griffi fece richiesta di acquisire quella sentenza l’8 luglio senza per questo, allora, subordinarla al rito abbreviato. Secondo, il verbale di quella udienza indica che la difesa non parlò di integrazione probatoria. Terzo, i documenti depositati dalla difesa non possono mettere l’accusa nelle condizioni di esercitare il diritto a chiedere la controprova.
«Del resto il preteso diritto alla controprova trova insuperabili limiti nella natura della prova addotta dalla controparte», spiega l’ordinanza. «Nella specie, una allegazione difensiva di natura documentale concernente il fatto storico della sentenza del Consiglio di Stato non costituisce tecnicamente prova dei fatti in essa accertati poiché tanto consegue soltanto alle sentenze penali irrevocabili.

E pertanto» l’orientamento del giudice, «non consente certo di acquisire, in una sorta di dibattimento camerale extra ordine, valutazioni soggettive di consulenti tecnici e testimoni su questioni squisitamente giuridiche, nella specie, la natura giuridica del piano regolatore portuale, che, in quanto tali, restano riservate alla valutazione del giudice».

© RIPRODUZIONE RISERVATA