Accerchiati, minacciati e poi aggrediti. «Volevano uccidermi», tuona uno dei ragazzi "non binary" aggrediti nella serata di ieri a Parco Rossani. Una delle vittime dell'aggressione omofoba avvenuta nel capoluogo pugliese. Intanto la porta voce del Bari Pride chide all'amministrazione comunale maggiore sicurezza e corsi di fomazione per le forze dell'ordine.
La testimonianza di una delle vittime
«Ci hanno insultati, minacciati di morte, con frasi come "vi ammazzo, vi spacco la faccia", poi ci hanno accerchiati e hanno cominciato a lanciarci addosso sigarette accese, monetine accompagnate da frasi come "comprati la dignità", e poi calci, pugni fino a una pietra scagliata contro la mia testa. Volevano uccidermi».
«A un certo punto un gruppo di una ventina di persone - aggiunge - si è avvicinato e ha iniziato a insultarci e, nonostante i nostri tentativi di calmarli, offrendo loro anche cibo, sono passati alle vie di fatto e, dopo averci picchiati, sono scappati, minacciandoci di non tornare». Adesso sono tornati a Foggia, dove hanno formalizzato la denuncia. «A Bari non possiamo più metterci piede, abbiamo paura che questi ci cerchino, ci hanno detto di non farci più vedere. Torneremo quando non potranno più farci del male», concludono.
La portavoce di Bari Pride
«Quando usciamo di casa non vogliamo sentirci coraggiose ma vogliamo sentirci libere. Per questo oggi siamo qui a rivendicare che questo deve essere uno spazio sicuro, e per questo deve essere vissuto dalla cittadinanza senza paura e dalle associazioni del territorio». Lo ha detto Asia Iurlo, portavoce del Bari Pride, in occasione del presidio organizzato al Parco Rossani.
«Chiediamo all'amministrazione comunale - aggiunge Iurlo - di rafforzare quelle che sono le esperienze positive delle associazioni per riempire questi spazi sociali; chiediamo percorsi di formazione per le forze dell'ordine affinché siano in grado di accogliere appieno le denunce: chi subisce un'aggressione omolesbobitransfobica non può trovarsi nel momento in cui la riporta a subire ulteriori violenze perché la propria identità non viene riconosciuta, o perché non si hanno elementi per rapportarsi col linguaggio giusto a chi si dovrebbe difendere».